Quali sono le radici profonde della civiltà moderna? Alcuni anni fa, la Chiesa cattolica chiese all’Unione Europea di riconoscere nella costituzione le “radici cristiane” dell’Europa. La richiesta fu respinta. Il rifiuto opposto dalla quasi totalità dei paesi europei indica non solo che viviamo ormai in una società secolarizzata e post-cristiana, ma che non è nemmeno così pacifico che i valori e le istituzioni che costituiscono l’ossatura della Modernità siano un’eredità del messaggio evangelico.
Questo libro intende dimostrare che, per trovare le radici storiche della Modernità, dobbiamo guardare altrove. Ci sono buone ragioni per interpretare l’emersione della Modernità come La rivincita del paganesimo. I germi della democrazia, della mentalità scientifica, della tolleranza religiosa, dell’agonismo sportivo, delle belle arti, dell’edonismo, della libertà sessuale, della bioetica laica e di tanti altri tratti della Modernità, sono infatti più facilmente rintracciabili nel mondo pagano, in particolare nell’Antica Roma e nell’Antica Grecia, che non nel Medioevo cristiano.
Ogni anno, nel mondo, migliaia di persone subiscono una qualche forma di violenza a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere. Anche se la narrazione mainstream sembra mostrare un mondo sempre più inclusivo, i dati ci narrano che non solo le forme di discriminazione stanno aumentando, ma anche i discorsi d’odio di leader politici e religiosi sono sempre più feroci. Bullismo, mobbing, violenza fisica e psicologica sono piaghe con cui la maggior parte delle persone LGBT deve fare i conti.
Queerfobia è un testo che vuole mostrare, con racconti, poesie e immagini, quest’odio quotidiano. Attraverso le quarantadue penne che dànno forma a Queerfobia, Giorgio Ghibaudo e Gianluca Polastri hanno composto un mosaico di esperienze capace di mostrare, senza pietismo ma anche senza censure, uno stato di cose che è necessario cambiare. Queerfobia è l’urlo, feroce e dolce, di chi non accetta strumentalizzazione o discriminazione.
Queerfobia sarà parte attiva di questo cambiamento: parte del ricavato proveniente dalla vendita andrà infatti a finanziare un progetto promosso dalla sezione torinese di Arcigay, “Ottavio Mai”, Accogliamoci, teso ad aiutare le persone richiedenti asilo e migranti (ma non solo) che siano stat* perseguitati o vittime di queerfobia.
Queerfobia è nato in collaborazione con la rivista letteraria CRACK.
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Il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova il sistema agricolo e alimentare di pregio, che è all’origine di quel modello urbano italiano che ha riscosso così grande successo nel mondo. Eppure, sono proprio l’architettura e l’urbanistica degli ultimi ottant’anni ad essere la prima causa di emissioni di CO2, le quali sono tra le origini dell’aumento della frequenza e della violenza di fenomeni climatici estremi. Questa analisi mostra chiaramente la centralità dell’architettura in questo processo: il mondo dell’architettura ha la responsabilità di offrire il proprio contributo.
Comunità Resilienti, catalogo del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2021, vuole essere proprio questo: una riflessione sulla questione del cambiamento climatico, che si stima essere tra le principali cause di emigrazione su scala globale e di malattie nei prossimi trent’anni. Comunità Resilienti si impegna a ricercare quelle che potrebbero essere le strategie e risorse da mettere in atto per affrontare la più grande sfida del nostro tempo.
Il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova il sistema agricolo e alimentare di pregio, che è all’origine di quel modello urbano italiano che ha riscosso così grande successo nel mondo. Eppure, sono proprio l’architettura e l’urbanistica degli ultimi ottant’anni ad essere la prima causa di emissioni di CO2, le quali sono tra le origini dell’aumento della frequenza e della violenza di fenomeni climatici estremi. Questa analisi mostra chiaramente la centralità dell’architettura in questo processo: il mondo dell’architettura ha la responsabilità di offrire il proprio contributo.
Comunità Resilienti – Resilient Communities, catalogo del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2021, vuole essere proprio questo: una riflessione sulla questione del cambiamento climatico, che si stima essere tra le principali cause di emigrazione su scala globale e di malattie nei prossimi trent’anni. Comunità Resilienti – Resilient Communities si impegna a ricercare quelle che potrebbero essere le strategie e risorse da mettere in atto per affrontare la più grande sfida del nostro tempo.
Altro che intelligenze artificiali sempre più umane: è l’essere umano che sta diventando sempre più simile a una macchina. Dal presente degli smartphone al futuro prossimo dei visori in realtà aumentata, fino alle utopie delle interfacce cervello-computer: le tecnologie digitali si stanno fondendo con il corpo umano, creando le condizioni per un’umanità più efficiente, più razionale, più veloce e più misurabile.
Ma chi ci guadagna davvero da tutto ciò? E soprattutto: qual è il prezzo da pagare? Dalla diffusione di stimolanti fino ai timori che sia in corso un’epidemia di disturbi mentali, la realtà digitalmente aumentata in cui siamo immersi rischia di far collassare il nostro sistema operativo, il cervello, facendo precipitare la società in un burnout collettivo. C’è una via d’uscita?
Tra teorie politiche al confine tra utopia generazionale e fantascienza e progetti per restituirci il controllo sulla tecnologia digitale, la speranza che si possa invertire la rotta è ancora accesa. Ma la strada da percorrere è lunga. E il tempo stringe.
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Molti hanno dell’anarchia una idea assai superficiale, se non del tutto distorta. La propaganda martellante da parte dello Stato, e l’approccio passionale e irrazionale di molti auto-proclamati anarchici, hanno minato alla base l’anarchia come concezione e come pratica. Oggi, in una fase storica di profonda crisi dello Stato territoriale, è tempo di riportare alla luce alcuni scritti che, nonostante il passare del tempo, mantengono una freschezza e una lucidità straordinarie, e che per questo costituiranno forse motivo di disturbo per molti anarchici tradizionalisti e anti-anarchici viscerali.
Libertaria è il più ambizioso progetto antologico mai portato avanti sul tema dell’anarchia. I trecento saggi contenuti in questa collezione di cinque volumi mostrano non solo che la concezione e la pratica anarchica sono attualmente più che mai valide, ma ci offrono anche la possibilità di riflettere sulla crisi e sulla degenerazione di un potere dominante che non ha più ragione di essere.
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Indipendente, spiritosa, piena di passioni letterarie, desiderosa di studiare e avventurarsi nel mondo, Maribel Ziga è innamorata di un ragazzo passionale e carismatico con cui avrà due figlie. La dittatura franchista non le permetterà di continuare gli studi e suo marito si rivelerà un uomo vile e brutale. Maribel Ziga è una vittima del patriarcato. Come ogni persona, come ogni donna.
Dopo il successo di Diventare Cagna, Itziar Ziga torna con il suo inconfondibile stile iconoclasta in un mémoire potente e disincantato. Con questo libro, l’autrice esplora la sua dolorosa infanzia con l’intenzione di far emergere, dagli eventi che hanno caratterizzato la vita di sua madre Maribel, la violenza sistemica a cui ogni donna è soggetta. La felice e violenta vita di Maribel Ziga è il diario intimo di una persona che ha dedicato la propria vita alla lotta femminista e, allo stesso tempo, il manifesto per una sorellanza intergenerazionale e internazionale.
“Per secoli hanno continuato a perseguitarci perché avevamo una sessualità, una maternità e delle idee nostre. Innalzarono prigioni e idearono martìri speciali solo per noi, ci dichiararono incostanti, indemoniate, pervertite, inferiori, angeli del focolare. Siamo state lobotomizzate chirurgicamente e culturalmente. Ma non ci siamo mai arrese”.
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Lui è un uomo depresso, stanco, ossessionato da una voglia di sesso che lo porta a collezionare incontri con altri uomini nei quali assume il ruolo di dominatore perverso. Lei è una donna ricca e annoiata che usa il suo disprezzo verso il mondo come un’arma puntata contro ogni persona che incontra.
In una Roma cupa e crudele, la loro vita è composta da una serie di giornate anonime, arricchite unicamente dalle angherie quotidiane che i due si divertono a infliggere senza sosta. Le loro storie corrono parallele senza farli mai incontrare. Ma c’è un momento in cui i loro destini si incrociano, a loro insaputa, in modo inesorabile. La morte di un uomo cambierà la loro vita per sempre.
La Sete è un’espressione letteraria di rabbia pura, un grido di aiuto, un urlo di terrore in cui vengono esplorati i sentimenti più oscuri e scabrosi dell’animo umano. La sete è un thriller ad alto contenuto erotico nel quale ogni parola viene detta, ogni perversione viene esplorata fino a rivelare quel lato che ognuno di noi cerca disperatamente di nascondere.
«La sete è tutto. La sete è Dio. La madre che torna ogni volta e che resterà accanto a me finché vivrò. La sete sono io».
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Un’ombra dal passato oscura gli sguardi di Guido e Ada. Oggi, quel passato bussa alla porta, affiorando dal luogo dove trent’anni prima, in Nigeria, tutto è iniziato. È proprio dal paese africano che prende il via una vicenda in cui migrazioni, neocolonialismo, corruzione e manipolazione si intrecciano a un groviglio di passioni, desideri, ambizioni inseguite a qualsiasi costo. Dopotutto, chiunque è costretto, prima o poi, a perdere l’innocenza per cedere alle proprie ossessioni, per annullarsi, per perdere la propria anima.
Ambientato tra Roma e Lagos, tra il litorale laziale e la misteriosa foresta di Osogbo, Akuaba mette in scena le ossessioni e le debolezze dei suoi protagonisti, dalla dilaniata Amma al tormentato Adebisi, dall’inquieta Fabiënne al cinico Franco, dalla posseduta Ada al soggiogato Guido. Sospeso tra noir e cronaca, Akuaba mostra le contraddizioni che albergano in ogni essere umano per riflettere sul disperato bisogno di imporsi, anche a discapito dell’altro da sé.
«Conosceva quel ciondolo, era un amuleto diffuso. Una protezione che le donne indossavano per favorire la gravidanza e per assicurare salute e bellezza al nascituro. Un oggetto rituale capace di infondere forza e sostegno. Akuaba, così si chiamava»
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«ZombieCity è l’ultima possibilità di sopravvivenza del genere umano sulla Terra. La catastrofe biologica è iniziata, l’attacco virale è inarrestabile ed ha ormai raggiunto l’ultimo stadio, il punto di non ritorno».
Le conseguenze più drammatiche del cosiddetto sviluppo stanno mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano: dissesti idrogeologici, desertificazione, uragani, ma anche sommosse, terrorismo e pandemie dimostrano che le nostre città non sono attrezzate per far fronte agli imprevisti più catastrofici. Di fronte a questo scenario, parlare di zombie, può non apparire una priorità. Eppure, l’immaginario può essere usato come metafora per stimolare studenti e professionisti a interrogarsi sulle opportunità offerte dalle distopie.
Nato da una ricerca avviata nel 2012, aggiornato oggi alla luce delle conseguenze urbane del coronavirus e del movimento Black Lives Matter e con gli interventi di otto ricercatrici e ricercatori, ZombieCity studia le crisi in atto per catalogare gli strumenti progettuali utili alla vita su questo pianeta, cercando soluzioni concrete, sia strategiche che tecnologiche, che mirino alla creazione di una società in cui la felicità sia garantita non dalla crescita economica, ma dalla crescita della qualità della vita.
A lungo ci siamo raccontati che questo era il migliore dei mondi possibili, e invece eccoci qua a fare i conti con gli effetti collaterali del nostro modello di sviluppo: diseguaglianza, nevrosi, precarietà di massa. Entrato da almeno quattro decenni in una fase di crisi severa, forse terminale, il capitalismo occidentale non riesce a produrre benessere materiale senza diffondere allo stesso tempo un malessere profondo. Finito il tempo delle utopie, ogni sfera dell’esistenza viene toccata da quello che ormai appare come un fenomeno endemico: dalla vita politica a quella psichica, dallo spazio urbano a quello domestico, dall’adolescenza all’età adulta.
Per orientarci in questa terra desolata, abbiamo chiesto a otto autrici e autori di provare a disegnare una mappa del disagio. Otto tra storici, filosofi, architetti, urbanisti, sociologi, psicologi per raccontare il nostro “tempo fuori di sesto” e immaginare delle forme di resistenza.
Con interventi di:
Pier Vittorio Aureli
Federico Chicchi
Umberto Galimberti
Maria Giudici
Loretta Lees
Guido Mazzoni
Saskia Sassen
Raffaele Alberto Ventura
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All’origine dei meravigliosi disegni visionari di Alessandro Melis, vi è una ricerca archetipica dell’architettura, simile a quella di Piranesi, dove massi e rovine dialogano in armonia e in dolci abbracci con la natura. Vi è un dialogo d’amore tra le rovine del passato e la natura che dà vita a un’architettura nuova, al contempo biologica e inerte, resiliente e autopoietica, corazzata e in grado di reagire alle mutazioni climatiche. Una nuova architettura, in perfetta simbiosi tra natura e artificio, tra paesaggio e tecnologia, auto-creatasi non direttamente per volere umano ma indirettamente per la sua incapacità di preservare il creato. Se non saremo in grado di creare e credere in un nuovo racconto epico per l’architettura del prossimo futuro sicuramente non saremo in grado di comprendere l’opera di Alessandro Melis che ci suggerisce che «È giunto il tempo dei visionari, gli unici in grado di ripensare radicalmente alle relazioni tra Umanità e habitat».
Alessandro Melis | Utopic Real World verrà inviato il 29 febbraio, data di pubblicazione del libro.
Nel corso della storia, un filo rosso ha sempre legato i circoli occulti ai movimenti politici: dalla massoneria ai movimenti operai internazionali, dagli alchimisti ai culti esoterici, la storia del contropotere ha sempre mostrato le zone d’ombra invisibili allo sguardo del comune pragmatismo. Non a caso, il simbolismo riveste un ruolo centrale per definire la geografia e gli equilibri delle forze tra loro in competizione.
In Anarcoccultismo, Erica Lagalisse analizza come le teorie politiche, i simboli e la storia dell’anarchismo e del socialismo affondino le proprie radici anche nell’occultismo, passando attraverso la caccia alle streghe (detentrici di una scienza medica empirica), maghi rinascimentali e massoni rivoluzionari. Tenendosi alla larga da improbabili teorie del complotto e avvalendosi di una minuziosa bibliografia, Anarcoccultismo mostra come i sentieri oscuri dell’eresia di ogni epoca sono incrociati con la lotta alle disuguaglianze, all’oppressione patriarcale e alle coercizioni del potere.
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L’acronimo UFO può essere fuorviante, ma non vi preoccupate: l’Ufociclismo non ha niente a che fare con alieni, guerre interstellari e astronavi. L’UFO a cui questo libro è interessato riguarda ciò che, volante o nolente, si sottrae al controllo, all’identificazione, alle classificazioni della società e del capitalismo; in altre parole, ciò che costituisce un’alterità rispetto a una catena esperienziale inanellata da déjà-vu.
Lo spazio che attraversiamo e in cui viviamo è malleabile, permutabile, reinterpretabile, nonostante cartelli stradali, zone rosse e navigatori satellitari ci raccontino un’altra storia. Il ciclista urbano, che col tempo ha disegnato i suoi percorsi preferenziali, sa di cosa stiamo parlando.
Ufociclismo nasce come forma di resistenza attiva al modello urbano della città fortezza e della città esplicita, offrendo strumenti per descrivere, condividere e valorizzare la pratica spontanea dell’esplorazione e della ridefinizione del territorio, per deaddomesticarsi dalle distopiche atmosfere quotidiane e per predisporsi a strani ed extra-atmosferici incontri.
Tra le più antiche strade di New York, negli angoli delle vecchie case non ancora demolite, alcune parole, sepolte sotto la polvere, continuano a vivere. Sono le parole di Emanuel Carnevali, uno dei più grandi geni letterari del ‘900, capace di influenzare in modo indelebile la letteratura newyorkese della prima metà del secolo scorso.
Quello che avete tra le mani non è un semplice libro: Racconti Ritrovati è uno scavo archeologico che tenta l’ambizioso progetto di far riemergere i resti del poeta nero, come venne soprannominato da William Carlos Williams, troppo a lungo rimasti sepolti sotto un cumulo di indifferenza. I Racconti Ritrovati di Emanuel Carnevali sono frammenti che raccontano la vita, le aspirazioni, ma soprattutto la malattia e il silenzio, dell’ultimo grande autore maledetto italiano.
I racconti che compongono Racconti Ritrovati sono:
– Inizio di una carriera letteraria
– Uno schema sentimentale
– Immigrazione e importazione
– Racconti di un uomo che ha fretta – I
– Racconti di un uomo che ha fretta – II
– Racconti di un uomo che ha fretta – III
– Danzando come un’opera d’arte
– Dichiarazione lunga un miglio
– Schizzi
– Suicidio in Italia
– Tazzine da tè
– Lasciatemi trovare il mio cuore
– Quasi una fiaba
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Quanti di noi ricordano un amore, un’emozione, una piccola avventura tramite le parole di una canzone ascoltata magari decenni fa? Quanti di noi possono negare che un certo tessuto armonico riesca a scavare nel profondo, facendo emergere parole e frasi che non ricordavamo di conservare nei nostri ricordi? E in quante vite siamo riusciti a incarnarci proprio attraverso una melodia e il testo che la accompagna? Gli (in)Cantautori, raccolta di racconti curata da Luca Cerretti e Gianluca Morozzi, si interroga su quali siano i rapporti che vengono costruiti tra narrazione e musica, tra testo e suono, tra parola e melodia, attraverso le loro voci e quelle di altri quattordici autori. Prendendo spunto dall’opera di sedici cantautori italiani, da Guccini a de André, passando per Dalla, De Gregori o Battiato, Gli (in)Cantautori ci portano per mano attraverso in un’Italia spensierata e malinconica, dove musica, sensualità e amori scorrono per le vie delle nostre città.
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