Caccia alle streghe, enclosures e l’esclusione dai beni comuni
Silvia Federici è una delle più importanti figure sul femminismo del ‘900 e dell’inizio del millennio. Con D Editore ha per ora pubblicato il volume Oltre la periferia della pelle.
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In questo saggio sostengo che le enclosures inglesi, cioè la recinzione dei terreni comuni e più in generale lo sviluppo del capitalismo agrario ai suoi inizi nell’Europa del tardo Quattrocento, costituiscono un importante contesto sociale per comprendere sia l’insorgere delle accuse di stregoneria sia il rapporto esistente tra la caccia alle streghe e l’accumulazione capitalistica. Chiarirò successivamente il senso che attribuisco al concetto di enclosure. Qui voglio sottolineare che la recinzione dei terreni comuni non spiega la caccia alle streghe nella sua totalità, passata o presente. Concordo con l’opinione prevalente secondo cui la caccia alle streghe necessita di uno schema esplicativo multicausale, sebbene io ne riconduca le cause sottostanti allo sviluppo dei rapporti capitalistici. Non voglio nemmeno affermare che la connessione che ho stabilito tra la recinzione delle terre comuni e la caccia alle streghe sia indispensabile. È solo all’interno di un preciso contesto storico che la privatizzazione della terra produce una caccia alle «streghe». Tuttavia, sembra esserci una specifica relazione tra lo smantellamento della proprietà collettiva e la demonizzazione di donne appartenenti alle comunità colpite, tale da rendere la caccia alle streghe un efficace strumento di privatizzazione economica e sociale. Definire tale relazione è uno degli scopi di questo capitolo.
Le enclosures sono il processo con cui i proprietari terrieri e gli agricoltori abbienti in Inghilterra hanno alzato recinti attorno alle terre comuni, ponendo fine ai diritti consuetudinari ed espellendo la popolazione dei braccianti e dei poveri la cui sopravvivenza dipendeva dall’accesso alle risorse comunitarie. Non fu l’unico modo in cui si attuò la privatizzazione delle terre; l’esproprio dei contadini e la commercializzazione della terra avvenne in Francia e in altre parti dell’Europa Occidentale tramite, ad esempio, l’aumento delle imposte. Tuttavia, mi concentro sulle enclosures inglesi perché mostrano ancora più esplicitamente come la commercializzazione delle terre e l’espansione dei rapporti monetari hanno colpito differentemente le donne e gli uomini. In tale contesto, la parola enclosures fa riferimento sia alla concentrazione delle proprietà terriere sia all’introduzione di affitti esorbitanti e a nuove forme di tassazione. Ma in ognuna di queste sue forme si è trattato di un processo violento, che ha causato una profonda polarizzazione in quelle che prima erano comunità fondate su legami reciproci. Il fatto che a innalzare le siepi (il modo più comune per attuare le recinzioni) non fossero soltanto i proprietari terrieri, ma anche i più abbienti tra i contadini, ha esacerbato le ostilità perché coloro che recintavano e coloro che subivano le recinzioni si conoscevano personalmente, percorrevano le stesse strade ed erano connessi da molteplici relazioni; la paura dilagante, quindi, veniva alimentata dalla prossimità delle rispettive vite e dalla possibilità di continue rappresaglie.
CHE PROVE ABBIAMO CHE LE ENCLOSURES SIANO STATE UN FATTORE CRUCIALE PER L’ISTITUZIONE DELLA CACCIA ALLE STREGHE?
La risposta è che gran parte delle prove sono circostanziali. In nessuno dei documenti dei processi per stregoneria di cui siamo in possesso le donne accusate vengono descritte come vittime di un’espropriazione. È tuttavia noto che, in Inghilterra come nel resto d’Europa, la caccia alle streghe fu prevalentemente un fenomeno rurale, e interessò perlopiù le regioni in cui le terre erano state privatizzate o erano in procinto di esserlo. Sebbene successivamente abbia rivisto la sua posizione, Alan Macfarlane ha mostrato nel suo Witchcraft in Tudor and Stuart England che la mappa dei processi alle streghe e quella delle enclosures coincidono, infatti la zona più colpita dalle persecuzioni fu la contea dell’Essex, dove la terra era stata recintata circa un secolo prima dell’avvento delle persecuzioni. Le enclosures presero piede anche nel Lancashire, specialmente vicino alla Pendle Forest, luogo nel 1612 di uno dei più sanguinari procedimenti per stregoneria. In questo caso il richiamo alle enclosures compare già nel nome del villaggio dove alcune delle streghe uccise furono inizialmente interrogate, che si chiamava appunto Fence: «recinto».
Anche le considerazioni di ordine cronologico sono importanti. Notiamo che i processi alle streghe iniziarono in Inghilterra nel XVI secolo, culminando poi nel XVII, e che avvennero in una società dove la crescente importanza del mercato già ristrutturava i rapporti economici e sociali, e dove dilagavano l’impoverimento e le disuguaglianze – situazione che si fece drammatica nel periodo tra il 1580 e il 1620, quando, sotto la spinta dell’argento proveniente dal Sud America, il prezzo del grano e delle derrate alimentari iniziò a salire.
A essere maggiormente colpite da tali sviluppi furono le donne più anziane, in quanto l’aumento dei prezzi e la perdita dei diritti consuetudinari sulle terre comuni le lasciò prive di risorse per vivere, specialmente se erano vedove e non avevano figli che potessero o volessero aiutarle. Nell’economia rurale dell’Inghilterra feudale, le vedove e i poveri in generale potevano godere di forme di sussistenza. Come ha scritto Keith Thomas in La religione e il declino della magia:
«Il vecchio sistema feudale aveva fatto molto per provvedere alle vedove e alle persone anziane, attraverso un sistema interno di assistenza ai poveri. La vedova beneficiava del diritto di free bench, vale a dire il diritto di successione a una porzione del podere del marito defunto, che variava da un quarto alla totalità, a seconda delle consuetudini locali. Nel caso in cui fosse incapace di coltivarlo lei stessa, avrebbe dovuto cederlo a un membro più giovane della famiglia in cambio della garanzia di essere mantenuta. Vi erano anche varie consuetudini locali di sostegno ai poveri, che andavano dal diritto a tre giorni di spigolatura prima che la terra fosse adibita al pascolo fino al permesso di dormire nella chiesa nel caso fossero privi di un’altra sistemazione.»
Anche Peter Linebaugh ha mostrato che fin dall’adozione della Magna Carta – e in particolare della Carta della Foresta del 1217 – esisteva per la vedova il diritto di legnatico, vale a dire il diritto ad avere cibo, legna e sussistenza garantiti.7 Ma con la perdita dei diritti consuetudinari anche questo diritto venne abolito, proprio nel momento in cui la Riforma e il nuovo spirito commerciale vietarono di fare e ricevere la carità, tanto che chiedere l’elemosina era consentito in Inghilterra solo su concessione di una licenza da parte dei giudici di pace.
Non sorprende quindi che molte delle cosiddette streghe fossero donne indigenti, che sopravvivevano chiedendo l’elemosina porta a porta o si avvalevano dell’«imposta per i poveri», come era chiamato il primo sistema di welfare introdotto in Inghilterra. Anche i crimini a loro imputati dimostrano la loro appartenenza a una popolazione di contadini che non avevano più accesso alla terra comune o ai diritti d’uso consuetudinari e da cui, quindi, ci si aspettava ostilità nei confronti dei possedimenti dei vicini a partire dai loro animali, che probabilmente pascolavano sui terreni che una volta erano stati di tutti. È significativo che almeno un terzo delle accuse documentate da C. L’Estrange Ewen per la circoscrizione di Londra nel periodo tra il 1563 e il 1603 riguardassero sortilegi compiuti su maiali, mucche, cavalli, castroni e giumente, che in molti casi causarono (secondo le accuse) la morte degli animali. Come ho scritto in Calibano e la strega, la povertà delle streghe era ribadita nelle accuse secondo le quali il Diavolo appariva loro nei momenti del bisogno, promettendo che da quel momento in poi «non gli sarebbe più mancato niente», presumibilmente offrendo «carne, vestiti e soldi» e il pagamento dei loro debiti.
LA POVERTÀ, TUTTAVIA, NON ERA LA PRIMA CAUSA DELLE ACCUSE PER STREGONERIA
Altri due fattori contribuivano alla creazione di una strega. Innanzitutto, le streghe non erano solo vittime. Erano donne che resistevano all’impoverimento e all’esclusione sociale. Minacciavano, lanciavano sguardi carichi di risentimento e maledicevano coloro che si rifiutavano di aiutarle. Alcune si rendevano fastidiose con apparizioni improvvise alla soglia di casa dei loro vicini benestanti, o diventavano inopportune tentando di farsi accettare elargendo piccoli doni ai bambini. I loro persecutori le accusavano di essere rissose, di avere una lingua malevola, di alimentare dissidi nel vicinato – accuse che gli storici hanno spesso accettato. Ma dobbiamo domandarci se dietro le minacce e le parole astiose non si debba vedere un risentimento scaturito dall’ira per le ingiustizie subite e dal rifiuto di essere emarginate.
Ai fattori economici che fanno da sfondo alle accuse per stregoneria dobbiamo aggiungere la crescente misoginia delle politiche istituzionali, che relegavano le donne a una posizione sociale subordinata rispetto agli uomini e punivano severamente qualsiasi affermazione di indipendenza da parte loro, considerando ogni forma di libertà sessuale come una sovversione dell’ordine sociale. La «strega» era la donna dalla «cattiva reputazione» che in gioventù aveva tenuto comportamenti «osceni» e «promiscui». Spesso aveva avuto figli fuori dal matrimonio, e il suo atteggiamento contraddiceva il modello di femminilità che nell’Europa dell’epoca veniva imposto alle donne tramite la legge, il pulpito e la riorganizzazione della famiglia. A volte la strega era una guaritrice e praticava varie forme di magia, attività per le quali godeva del riconoscimento della comunità, ma che col tempo la portarono sempre di più a essere vista come un pericolo dalle autorità locali e nazionali, che avversava ogni forma di potere popolare. Non importa se i suoi rimedi fossero davvero efficaci – magari per via di una conoscenza empirica di erbe e piante – o se invece fossero dei placebo fatti di incantesimi e amuleti.
Il fatto stesso che la popolazione volesse influenzare il corso degli eventi attraverso la magia e altre pratiche sospette costituiva una minaccia abbastanza concreta in un periodo in cui le enclosures generavano rivolte e trasformavano i contadini in vagabondi e mendicanti, senza dubbio pronti a mettere a soqquadro il mondo. Le donne, d’altronde, erano protagoniste di molte proteste, in occasione delle quali andavano a rimuovere le siepi o le staccionate che recintavano le terre comuni. Nella figura della strega le autorità punivano simultaneamente l’attacco alla proprietà privata, l’insubordinazione sociale, la diffusione di credenze magiche che alludevano alla presenza di poteri ingovernabili, e infine la deviazione dalla norma sessuale che poneva la condotta sessuale e la procreazione sotto il controllo dello Stato.
Che per giustificare una simile operazione si chiamasse in causa il Diavolo può stupire, se non si ammette che solo con la demonizzazione si riuscì a rendere odiose e spaventose forme di comportamento in passato tollerate o considerate normali dalla maggioranza delle donne, ora avvertite, dall’uccisione della strega, riguardo al destino che le avrebbe attese se ne avessero seguito l’esempio. E in effetti molte donne impararono la lezione tanto che, con l’avanzare della caccia, molte contribuirono alle accuse, anche se raramente arrivarono a denunciare direttamente donne sospettate di stregoneria; giocavano piuttosto un ruolo più passivo, venendo perlopiù spinte a testimoniare dagli uomini, che in genere avviavano i procedimenti legali.
È a partire da un simile conflitto, nel quale le donne venivano messe le une contro le altre, che possiamo indagare il segreto della persecuzione delle streghe e la sua particolare relazione con la distruzione dei beni comuni.
C’è la tendenza oggi tra gli storici a dare per scontato che le donne che furono uccise non fossero vittime innocenti di una mostruosa persecuzione istituzionale simile allo sterminio degli eretici o alla violenza nazista contro gli ebrei in tempi moderni. Ci viene anche detto che alcune donne approfittarono della loro reputazione di streghe per estorcere favori e beni dai loro vicini. Si insinua che accuse come quelle di guastare la fermentazione della birra, fare un sortilegio a una mucca o causare l’improvvisa morte di un bambino, non fossero poi del tutto inconsistenti. Ma se c’erano donne pronte a commettere simili delitti, non dovremmo forse chiederci che cosa le portasse a detestare con tale accanimento alcuni dei propri vicini tanto da architettare la loro rovina economica, uccidendo il loro bestiame, rovinando i loro beni e infliggendo loro fatali tormenti? Come spiegare il fatto che, negli stessi villaggi dove un secolo prima la vita era organizzata su basi comunitarie, e il cui calendario annuale era costellato di feste e celebrazioni collettive, si fosse diffusa una tale inimicizia? Non fu forse la demonizzazione della «strega» lo strumento di queste divisioni, necessarie proprio a giustificare la messa al bando di persone che un tempo erano considerate e si consideravano cittadine a pieno titolo?
Quello che è certo è che insieme alle «streghe» si è spazzato via un intero universo socioculturale di pratiche e credenze tipiche dell’Europa rurale precapitalista, considerate improduttive e potenzialmente pericolose per il nuovo ordine economico. Si trattava di un mondo che oggi definiremmo superstizioso, ma che allo stesso tempo ci segnala l’esistenza di possibilità alternative al nostro modo di relazionarci con il mondo. In questo senso dobbiamo pensare alle enclosures come a un fenomeno ben più ampio della recinzione delle terre comuni. Dobbiamo pensare all’enclosure del sapere, dei nostri corpi e del nostro rapporto con gli altri e con la natura.