Lettera a un eco-centrista (2003)
di Theodore J. Kaczynski, aka Unabomber
In occasione della pubblicazione del secondo volume di Theodore J. Kaczynski, Colpisci dove più fa male, pubblichiamo uno dei documenti contenuti nel volume, inedito sinora sia in italiano che in inglese. Questa lettera, inviata il primo luglio del 2003 a un amico di penna anonimo e catalogata dallo stesso Kaczynski con il titolo che potete leggere (ossia, Lettera a un eco-centrista) attualmente è conservato negli archivi dell’Università del Michigan, Box 21, Folder 841.
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Caro […]
Ho da poco concluso una sessione di lavoro legale che mi ha impegnato per diversi giorni, e ora me ne aspetta un’altra a breve, anche in parte a causa della negligenza di Quin Denvir1. Ma non permetterò che le questioni legali dominino la mia vita, almeno non tanto da non permettermi di rispondere alle tue ultime lettere. Non risponderò in ordine cronologico, ma inizierò con quella che credo sia la più importante, ossia la lettera che mi hai spedito il 21 maggio del 2003.
Innanzitutto, riguardo alle tue osservazioni sulla rabbia e sugli anarchici in generale, e sulla [violenza] in particolare. Tu respingi la rabbia come motivazione e spinta per cambiare il Sistema, definendola una ragione “antropocentrica”. Concordo con la tua critica all’antropocentrismo: ritengo che il benessere della natura selvaggia, della biosfera, o della totalità della vita sulla Terra, chiamiamola come vogliamo, debba essere un fine in sé, non solo un mezzo per soddisfare i bisogni umani. In altre parole, il benessere della natura selvaggia viene prima, la soddisfazione dei bisogni umani dopo.
Tuttavia, gli esseri umani, e le emozioni, i bisogni e le pulsioni umane, non possono essere esclusi dall’equazione. Dobbiamo considerare gli esseri umani perché sono la fonte del problema. Non sono i cervi, i lupi, i serpenti o le zanzare a distruggere il pianeta – sono gli esseri umani. Per risolvere il problema dobbiamo lavorare con o sugli esseri umani. Per farlo con successo, dobbiamo pensare alla natura umana ancora prima che alla natura selvaggia. Dobbiamo chiederci: cosa porta una persona a dare più valore alla natura selvaggia che al benessere umano? Cosa può motivare qualcuno a combattere il Sistema in favore della natura selvaggia, anche a costo di grandi sacrifici personali?
Per quanto mi riguarda, il mio impegno per la natura selvaggia è nato dal fatto che vivere a stretto contatto con essa soddisfaceva i miei bisogni più profondi. Mi dava libertà, mi offriva uno scopo, mi donava tranquillità, mi mostrava una bellezza che nessuna opera d’arte umana potrebbe mai avvicinare. Mi offriva tutto questo e altro ancora, come un tutto integrato e come uno stile di vita. Di conseguenza, mi dava un senso di soddisfazione nella vita.
Ho quindi iniziato ad amare la natura selvaggia per ciò che mi dava. Puoi chiamarlo antropocentrico se vuoi, ma non credo che qualcuno possa diventare così devoto alla natura per semplice ispirazione divina. Le persone si affezionano alla natura per ciò che essa offre loro. Scommetto che anche tu hai sviluppato un legame con la natura selvaggia per ciò che ti ha dato.
Ma quando l’esperienza della natura va abbastanza a fondo, si sviluppa una riverenza per essa e si inizia ad amarla in quanto tale, non solo per ciò che se ne ottiene. In altre parole, si va oltre l’antropocentrismo. Tuttavia, il processo che porta a quel punto inizia con la soddisfazione di alcuni bisogni umani che solo la natura può soddisfare.
Dobbiamo inoltre riconoscere che molte persone vogliono liberarsi del Sistema tecnologico-industriale per ragioni puramente antropocentriche, ossia perché il Sistema è dannoso per gli esseri umani. Non penso che dovremmo respingere alleanze con tali persone—purché siano veramente impegnate a eliminare il Sistema e disposte ad accettare i danni temporanei che ciò comporterà per l’intera razza umana.
Anche coloro che hanno superato l’antropocentrismo potrebbero facilmente dire: “Non c’è nulla che io possa fare”, per poi arrendersi a un atteggiamento passivo e rassegnato. Molti amanti della natura fanno proprio questo. E non si può dire che il loro atteggiamento sia irrazionale. Combattere il Sistema è estremamente difficile; si deve lavorare contro ogni probabilità. Quindi perché farlo? Cosa motiverebbe qualcuno a continuare a combattere contro tali ostacoli?
Non posso rispondere per gli altri, ma posso dirti cosa motiva me a continuare a lottare: la rabbia. E ho un forte sospetto che anche la tua volontà di continuare a lottare sia alimentata da una rabbia simile alla mia. La differenza tra te e chi fa parte di movimenti anarchici è che la tua rabbia è controllata e costituisce una fonte produttiva di energia e determinazione, mentre la maggior parte degli anarchici americani (almeno, quelli di cui ho notizia) sono persone sconsiderate, disorganizzate e gravemente carenti di autocontrollo. La loro rabbia si manifesta in modi insensati e casuali. Fanno cose stupide come rompere le vetrine di McDonald’s, bestemmiare e suonare musica a tutto volume solo per infastidire la gente. Giocano a fare i rivoluzionari, ma la maggior parte di loro non è utile alla causa rivoluzionaria (naturalmente, ci sono eccezioni).
Come te, sono disgustato da queste persone, e penso che la maggior parte di loro sia irrecuperabile. Non impareranno mai, perché semplicemente non hanno capacità di autocontrollo.
Per quanto riguarda [cancellato], non so cosa ti abbia scritto (a parte le poche cose che hai citato nella tua lettera), ma sulla base di ciò che ha scritto a me, direi che è brillante, che ha desiderio di autocontrollo, di imparare e che è potenzialmente capace di autocontrollo. Suppongo che il motivo per cui esprime pensieri rabbiosi senza freni sia, almeno in parte, che ha passato troppo tempo in compagnia di anarchici e ha acquisito le loro cattive abitudini. Penso che possiamo insegnargli a mantenere la sua rabbia sotto controllo, a dirigerla in modo intelligente e a usarla come una fonte produttiva di energia. Potrei sbagliarmi, ma c’è solo un modo per scoprirlo: provando.
* * *
Ora, riguardo a Deep Ecology for the 21st Century2: per diversi anni, fino a circa un anno fa, ho avuto una copia qui con me. Ne ho letto solo una parte – molto meno della metà – e non mi è piaciuto ciò che ho letto. Ho tenuto il libro principalmente perché volevo scrivere una critica, ma non ho mai avuto tempo, e alla fine l’ho eliminato per fare spazio ad altri libri.
Non ricordo esattamente quali parti di Deep Ecology ho letto, ma so di aver letto un saggio di Arne Næss. Ti dirò perché non mi è piaciuto, ma tieni presente che mi sto affidando alla mia memoria di quanto ho letto diversi anni fa, e potrei ricordare male. Quindi, se alcune delle mie critiche sono fuori luogo a causa di errori di memoria, ti prego di correggermi. Inoltre, se vuoi, puoi chiarirmi le cose mandandomi alcune pagine di fotocopie del libro. (Le copie probabilmente mi saranno permesse.)
Ora, se ricordo correttamente, Arne Næss, il fondatore della Deep Ecology, dice qualcosa del genere: la Deep Ecology è una filosofia che dà priorità al benessere dell’ecosistema globale (chiamalo natura selvaggia, se vuoi) rispetto al benessere umano. Tuttavia, afferma che quando è necessario compromettere il benessere della natura selvaggia per salvare vite umane, questo deve essere fatto perché (secondo Næss) ogni specie deve prendersi cura della propria. Inoltre, sembra chiaro che Næss ha in mente una sorta di ruolo di tutela per la razza umana: la razza umana dovrebbe prendersi cura delle altre specie e mantenere sano l’ecosistema mondiale. Si prevede che la filosofia della Deep Ecology si diffonda lentamente; secondo Næss ci vorranno secoli perché diventi dominante. Eppure Næss non suggerisce in nessuna parte del suo saggio che la società industriale moderna debba essere eliminata. E non offre in nessun punto un obiettivo chiaro, definito e concreto per i sostenitori della Deep Ecology.
La critica più ovvia è che fare affidamento su una filosofia che si prevede si diffonda in centinaia di anni è idiota, perché tra centinaia di anni ci sarà ben poco, se non nulla, da salvare.
In secondo luogo, la posizione di Næss secondo cui le vite umane devono essere preservate anche a costo di danni all’ecosistema è incoerente con la sua posizione, ossia che il benessere dell’ecosistema mondiale debba avere la precedenza sul benessere umano. Se il benessere dell’ecosistema mondiale viene messo prima del benessere umano, molte persone moriranno di conseguenza. Sappiamo che la crescita economica e il cosiddetto “progresso” stanno distruggendo la natura selvaggia. Se la natura selvaggia deve essere salvata, questa malattia umana – una malattia che ci spinge a una crescita e un progresso senza freni – deve essere fermata, e fermata il prima possibile. Le conseguenze saranno disastrose: come qualsiasi economista ti dirà, se non solo interromperemo la crescita economica, ma addirittura la contrarremo, l’intera economia mondiale andrà a rotoli. Ci saranno disoccupazione di massa, gravi carenze di beni, un crollo dell’ordine sociale e, in molte parti del mondo, ribellioni armate e guerre. Anche ora c’è molto di questo tipo di cose in corso nel mondo. Se l’economia mondiale crolla, la situazione peggiorerà notevolmente. Vedi il Manifesto, ai paragrafi 111, 167, 1943.
Di conseguenza, eliminare la malattia della crescita e del progresso probabilmente porterà a una massiccia perdita di vite umane; cosa che, secondo la filosofia di Næss, non dovrebbe essere permessa. Così, la presunta necessità di proteggere la vita umana impedirà agli accoliti della Deep Ecology di adottare misure abbastanza drastiche da tirarci fuori dal baratro in cui ci troviamo.
Successivamente, la posizione di Næss, secondo cui la razza umana dovrebbe esercitare una sorta di custodia sul mondo naturale, implica in pratica che l’umanità continuerà a dominare il resto dell’ecosistema mondiale; l’unico vero cambiamento proposto da Næss è che d’ora in poi gli esseri umani dovrebbero esercitare il loro potere sulla natura in modo benevolo e con moderazione, piuttosto che nel modo spietatamente sfruttatore attuale.
Personalmente, non sono disposto in nessuna circostanza ad accettare che la società umana continui a dominare la natura selvaggia. Ma anche se non trovi obiettivamente riprovevole il dominio umano sulla natura, certamente troverai obiettabili le conseguenze: la convinzione di Næss che la società umana possa mantenere il suo potere sulla natura, ma esercitare tale potere con benevolenza e moderazione, è completamente irrealistica. Non accadrà mai. La filosofia della Deep Ecology non governerà mai lo sviluppo della nostra società.
Næss è caduto in un errore estremamente comune, cioè la convinzione che si possa guidare o dirigere lo sviluppo di una società stabilendo un codice, dei principi, una filosofia o qualcosa di simile secondo cui le persone dovrebbero governare il loro comportamento. La storia ha dimostrato che non puoi controllare lo sviluppo di una società. Vedi Manifesto, paragrafi 99-1094. Tanto meno puoi controllare lo sviluppo di una società introducendo una filosofia o un insieme di principi. Questa strada è stata già tentata più e più volte, e non ha mai avuto successo. I rivoluzionari russi cercarono di creare una società governata dai loro principi, non si sono limitati a divulgare i loro ideali. Ma sappiamo tutti come sono andate a finire le cose. I primi cristiani fecero dell’uguaglianza, della pace, della giustizia e così via i loro principi, ma non appena ebbero la possibilità di fare un accordo con l’imperatore Costantino, tradirono i loro ideali per l’azione pratica. Più tardi, dopo la caduta di Roma e durante il Medioevo, la religione cristiana, teoricamente pacifica, presiedette a un’epoca particolarmente violenta della storia europea. Anche l’Islam iniziò con principi di uguaglianza e giustizia, ma non andò meglio del cristianesimo: «Alla fine del governo dei califfi “rettamente guidati”, il sogno del Profeta di inaugurare una nuova era di uguaglianza e giustizia sociale rimase inappagato»5. I rivoluzionari francesi fallirono completamente nel creare una nuova società che fosse conforme ai loro ideali. Allo stesso modo, i rivoluzionari latinoamericani fallirono nel tentativo di incorporare i loro principi in una nuova forma di società. Alla fine della sua vita, Bolívar scrisse sconfortato che «chi serve una rivoluzione ara il mare»6 (era vero che i rivoluzionari latinoamericani “aravano il mare” nel senso che non riuscirono a stabilire il nuovo ordine di cui sognavano, ma riuscirono comunque a distruggere l’antico ordine7).
Si potrebbero elencare innumerevoli esempi simili. I tentativi di imporre dei principi a una società falliscono sempre. Il modello tipico è che i rivoluzionari idealisti si impegnano in certi principi e spesso rimangono fedeli a questi principi. Ma una volta che la rivoluzione riesce nel suo intento, e dopo che la prima generazione di rivoluzionari muore (o anche prima), coloro che sono più interessati al potere che ai principi prendono il controllo della situazione. I principi vengono quindi abbandonati, distorti o reinterpretati in modo tale da non servire più gli scopi della rivoluzione originale. Questo è quanto accaduto con il cristianesimo, l’islam, le varie rivoluzioni comuniste, le rivoluzioni latinoamericane, la Riforma e le rivolte del XX secolo contro il colonialismo (guarda ad esempio come è finita l’Africa).
La stessa cosa accadrà con la Deep Ecology. Finché rimane un’ideologia per outsider, per una minoranza idealista, i suoi aderenti potrebbero rimanere fedeli ai suoi principi. Ma se mai diventasse l’ideologia dominante nella società, i suoi principi verrebbero distorti o reinterpretati a tal punto da diventare inefficaci. Questo è ciò che accade sempre.
Pertanto, la proposta di Næss di cambiare la società attraverso la diffusione della filosofia della Deep Ecology non è altro che un’illusione. Qualsiasi tentativo di guidare lo sviluppo di una società attraverso l’introduzione di principi filosofici, ai quali le persone dovrebbero rimanere fedeli per secoli, è una chimera. Le persone potrebbero continuare a rendere omaggio a quei principi, ma la maggior parte non governerà il proprio comportamento in base a tali principi per un periodo prolungato.
Eppure, come ho sottolineato, la generazione iniziale di rivoluzionari idealisti spesso rimane fedele ai propri principi. Quindi dobbiamo chiederci cosa possa fare quella generazione iniziale di rivoluzionari che avrà un effetto duraturo senza la necessità che le generazioni successive continuino a rimanere fedeli ai principi rivoluzionari. Nel nostro caso la risposta a questa domanda è chiara: i rivoluzionari devono distruggere il Sistema tecnologico-industriale. Anche se i movimenti rivoluzionari non riescono mai a stabilire in modo permanente il nuovo ordine di cui sognano, spesso riescono a distruggere l’ordine antico di una società. Pertanto, i precedenti storici suggeriscono che potrebbe essere possibile per un movimento rivoluzionario distruggere il Sistema tecnologico-industriale.
Tuttavia, la Deep Ecology non è solo futile. È addirittura dannosa. In realtà ostacola la formazione di un vero movimento rivoluzionario perché offre una facile via d’uscita: tutto ciò che dobbiamo fare è predicare la filosofia e impegnarci in piccole azioni riformiste, nessuno si fa male, nessuno deve correre grandi rischi, e tutto andrà bene. In questo modo la Deep Ecology funge da esca che attira persone ed energia in sforzi che alla lunga sono inutili. Così, la Deep Ecology allontana persone ed energie che potrebbero altrimenti contribuire alla formazione di un vero movimento rivoluzionario. Lo stesso vale per qualsiasi ideologia che si limiti a fermarsi prima di chiedere l’abolizione completa della società industriale moderna. Ecco perché dobbiamo distanziarci da tutte queste ideologie.
Un altro problema della Deep Ecology: per quanto ricordi, Arne Næss non propone alcun obiettivo concreto, chiaramente definito e globale per gli aderenti alla Deep Ecology. Questo di per sé è probabilmente sufficiente a garantire il fallimento della Deep Ecology. Obiettivi vagamente definiti, come la libertà, sono inutili, perché le persone reinterpretano semplicemente obiettivi vagamente definiti per adattarli alle loro esigenze del momento. Un attivista esperto ha scritto: «Obiettivi vaghi e troppo generali raramente vengono raggiunti. Il trucco è concepire uno sviluppo specifico che inevitabilmente porterà la tua comunità nella direzione in cui vuoi che vada». Un tale sviluppo specifico è la fine della tecnologia moderna. Quando diciamo che non ci saranno più computer, più auto, più rete elettrica, eccetera, è sufficientemente chiaro e inequivocabile in modo che non ci possa essere dubbio su cosa si intenda. È un obiettivo che non può essere reinterpretato. Per quanto ne so, la Deep Ecology non ha un obiettivo così chiaro, definito e inconfutabile.
Sì, un altro problema della Deep Ecology è il suo aroma liberaloide. Tu stesso hai sottolineato, a parole tue, la stessa cosa. Perché è importante? Perché questo aroma attira altri liberali. Per i nostri scopi, possiamo definire i liberali come persone abitualmente attratte da certe cause. Non importa quale sia la causa – qualsiasi causa va bene, purché non sia apertamente incompatibile con l’ideologia liberale. Ecco perché trovi persone coinvolte in una dozzina di cause diverse allo stesso tempo (per esempio [CANCELLATO]) Non gli importa veramente di nessuna di queste cause, perché il loro vero obiettivo non è apportare un cambiamento particolare nella società, ma soddisfare i propri bisogni psicologici attraverso la partecipazione a un movimento. Vedi Manifesto, paragrafi 213-2268. Queste persone sono estremamente numerose nella nostra società e accorrono a qualsiasi causa come mosche su un escremento. Sai cosa hanno fatto a Earth First!9, e faranno lo stesso con noi a meno che non ci impegniamo a prevenirlo. Dobbiamo stare particolarmente attenti a evitare qualsiasi cosa che abbia un aroma di sinistra che potrebbe attirare queste persone. Questo da solo sarebbe sufficiente per farmi diffidare di qualsiasi associazione con la Deep Ecology.
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Forse è meglio che mi fermi qui, o questa lettera potrebbe andare avanti per sempre. Ti scriverò ancora, in futuro.
Sarei felice di sapere come te la stai cavando in North Carolina.
Ti ho spedito altre lettere, datate il 15 maggio e il 17 giugno. Spero che ti siano arrivate.
Con i miei migliori saluti,
Ted.
1Quin Denvir è stato uno dei membri del team legale nel processo contro Ted Kaczynski.
2George Sessions, Deep Ecology for the 21st Century, Shambhala Publications, Boulder 1995.
3Theodore J. Kaczinski, La società industriale e il suo futuro. Edizione critica ed estesa, D Editore, Roma 2024, pp. 85, 115, 126 [N.d.C.].
4Ibidem, pp. 81-83 [N.d.C.].
5Rafiq Zakaria, The Struggle Within Islam, Penguin Books, Londra 1989, p. 59.
6Simón Bolívar, Escritos políticos, a cura di Garciela Soriano, Alianza Editorial, Madrid 1975 p. 169.
7Come puntualizza Gabriela Soriano nell’opera citata nella nota precedente, «Non vi è dubbio che [Bolívar] abbia trionfato nella distruzione il vecchio ordine. Ciò in cui ha fallito, è nel costruirne uno nuovo». Ibidem, p. 41.
8Theodore Kaczynski, op. cit., pp. 134-139 [N.d.C.].
9Qui Kaczynski fa riferimento a una scissione dello storico movimento ecologista anarchico Earth First!, fondato nel 1979 e noto per le sue spericolate azioni di sabotaggio industriale e le loro serie riflessioni sul tema della violenza. Negli anni ‘90 entrarono nel movimento alcuni esponenti della Deep Ecology, allontanandosi dalla visione anarchica delle origini, per abbracciare una più riformista. Il dibattito che ne conseguì sfociò in una scissione nel 1992, con la conseguente nascita dell’Earth Liberation Front, a Brighton, in Inghilterra, tuttora considerata dall’FBI «uno dei gruppi estremisti più attivi» e una potenziale «minaccia terroristica».