La capanna di Unabomber
Vi è un’estrema contraddizione tra un’abitazione intimista e “primitiva” e la volontà di far saltare in aria i propri nemici. Con la capanna di Ted Kaczynski, l’Arcadia scopre e ingloba il Terrore: l’eremita mette al mondo delle bombe.
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La capanna di Ted Kaczynski, meglio conosciuto come Unabomber, è un oggetto paradossale: costruita e abitata dal suo artefice per vivere in disparte, lontano dal mondo, non soltanto non ha mai cessato, dal 1996 ad oggi, di essere riprodotta, ma è stata anche spostata, esposta, ricostruita, copiata e contraffatta. L’oggetto, un tempo situato nel cuore delle foreste del Montana nei pressi della cittadina di Lincoln, si è trasformato in un segno polivalente, che continua ad attirare l’attenzione degli artisti, mentre Kaczynski, che ha scambiato la sua capanna extra-territoriale con la reclusione nel carcere di massima sicurezza a Florence, nel Colorado – dove sta scontando l’ergastolo – è sparito dall’attenzione dell’opinione pubblica.
La capanna, separata dal suo artefice, rappresenta ben più di un residuo: è un elemento che insieme attira e disturba, è una strana reliquia, ed è, soprattutto, sul piano semiologico, un segno che non smette di interrogarci. D’altronde, il suo statuto attuale non è semplice da definire, ed è questo uno dei punti di partenza della nostra indagine. Che significa, infatti, la persistente presenza culturale e politica di questo oggetto, piuttosto banale di per sé? Perché riappare incessantemente?
Due aspetti cruciali, che non sono stati ancora sufficientemente evidenziati dai commentatori della celebre capanna, paiono particolarmente pertinenti. Innanzitutto, l’estrema contraddizione tra un tipo di
abitazione intimista e “primitiva”, un “nido protettore” da un lato, e la volontà – da parte del suo autore ed utilizzatore esclusivo – di far saltare in aria coloro che considerava suoi nemici, dall’altro. Con la capanna di Ted Kaczynski, l’Arcadia scopre e ingloba il Terrore: l’eremita mette al mondo delle bombe. Come rifugio, la costruzione proteggeva il corpo dello scienziato pazzo, mentre gli ordigni assemblati nel cuore della wilderness dilaniavano, altrove, i corpi delle vittime. Come spiegare il progetto di far esplodere in mille pezzi la società da parte di una persona che praticava una forma estrema di autismo sociale? E, una volta spostato e isolato sia l’autore della minaccia che la sua capanna, cosa rimane della carica esplosiva?
Il secondo aspetto che ci interpella è quello della copia. Kaczynski, da scienziato atipico qual era, ha costruito un riparo che non è soltanto, in quanto tale, una copia di copie: è l’incipit di una nuova serie, il punto di partenza di una sequenza di copie che sembrano non avere fine. I suoi crimini, inutile dire, seguivano anch’essi la logica seriale: si tratta di crimini “a calco”. Quest’ultimo aspetto orienta la nostra indagine in una direzione duplice. Dopo aver rintracciato il tragitto (pseudo-)originale di Kaczynski, dobbiamo risalire due piste: una, retrospettiva, va dal presente al passato (Rewind), apre uno spazio-tempo complesso, ed è guidata dalla domanda: da dove proviene questo artefatto? Cosa racconta del gesto architettonico? Dei diversi modi di abitare il mondo? L’altra pista, prospettica, va dal presente al futuro (Forward) e riguarda la stupefacente metamorfosi della capanna: tutto ciò dopo che, col tempo, l’interesse per il personaggio principale si è ormai ridotto quasi a nulla.
Vi fu un momento alla fine del secolo scorso in cui il caso di Theodor (Ted) Kaczynski si trovò al centro dell’attenzione mediatica. Oggi, nell’epoca del post-11-settembre e in un periodo in cui le esplosioni di ogni genere (attentati, bombardamenti con droni, mine antipersona) sono onnipresenti, il bizzarro destino del professore che aveva terrorizzato gli Stati Uniti per quasi due decenni sembra appartenere agli annali della storia.
Nato nel 1942 nell’Illinois da genitori di origine polacca, Kaczynski era un bambino superdotato e solitario. Accettato ad Harvard all’età di sedici anni in seguito a una scolarità estremamente brillante, vi
comincia degli studi di matematica. Nel 1962, si iscrive all’Università del Michigan dove, sempre brillantemente, consegue il dottorato. Nel 1967, è nominato professore associato nell’Università della California. Col tempo, il divario fra le sue competenze, i risultati delle sue ricerche e la sua socialità, sempre più precaria, si allarga. Il professore timido e ai limiti dell’autismo dà le dimissioni nel 1969 e ritorna dai genitori, nell’Illinois.
L’inizio della seconda “carriera”, quella dell’eremita, dello scrittore e del bombarolo Kaczynski, si colloca nel 1971 quando, con il fratello David, acquista un pezzo di terreno vicino a Lincoln, nel Montana. In quel luogo sperduto, presso la borgata dal nome simbolico – il destino del presidente americano Lincoln è legato a diverse capanne –, costruisce con le proprie mani un’abitazione primitiva che occuperà fino al suo arresto nell’aprile del 1996. Isolatosi in un edificio di appena 10m2 (3 x 3,60 m), senza acqua corrente e senza elettricità, elaborerà delle strategie di sopravvivenza imparando a cogliere piante e a cacciare piccoli animali. Il suo ritorno alla natura e la sua vita di uomo “primitivo” (niente di molto originale nell’ambito della storia culturale degli Stati Uniti) saranno tuttavia accompagnate da due attività di tipo relazionale.
Da un lato, il genio del fai-da-te comincerà a fabbricare bombe artigianali: la prima esplosione avrà luogo nel maggio del 1978. Al termine di un percorso di diciassette anni – l’ultima bomba esploderà il 24 aprile 1995 – Ted avrà ferito ventitré persone e fatto tre vittime. L’altra attività, anch’essa ipertrofica, è la scrittura. Ne testimoniano le circa 40.000 pagine di documenti trovati nella sua capanna solitaria e il celebre “manifesto” Industrial Society and Its Future, testo pubblicato, dopo un lungo e controverso dibattito, sul New York Times e sul Washington Post, e che poi condurrà al suo arresto.
La storia della ricerca infruttuosa di Unabomber, l’assassino che utilizzava gli esplosivi per punire i rappresentanti del sistema “tecnologico”, cioè gli universitari e i dirigenti di compagnie aeree (la “a” di Unabomber), e quella del suo arresto e del suo processo sono ben documentate. Sappiamo tutto sugli oggetti che custodiva nella sua capanna, sulle diverse tappe della sua scolarità, sul suo percorso universitario, sulle frustrazioni del giovane e dello studente di genio, e molte altre cose ancora. Sono note anche le perizie psichiatriche così come l’attribuzione della sua patologia alla categoria “schizofrenia paranoica”, proposta per spiegare ciò che, nonostante la stranezza del personaggio, sembra inspiegabile data la coerenza e l’intelligenza della maggior parte dei suoi scritti. I dati giuridici e psicologici sono ormai coperti da uno spessissimo strato di interpretazioni, al punto che se ne sa troppo: è diventato talvolta difficile distinguere l’identità del personaggio T. K. dall’immagine fabbricata – in particolare dai suoi genitori e dai medici – per sottrarlo alla pena di morte. Il discorso psichiatrico ha “patologizzato” l’insieme delle enunciazioni e dei gesti del matematico “folle”, con la conseguenza di distogliere l’attenzione da ciò che, nel caso delle sue azioni e dei suoi scritti, avrebbe potuto forse rivelare qualcosa di fondamentale sulla nostra società. L’aver isolato fisicamente Kaczynski e averlo rinchiuso all’interno di categorie psichiatriche ha impedito forse a questo “philosophical criminal” e assassino-idealista di dirci ancora qualcosa di rilevante.