Voci spettrali
Irreparabile… irrimediabile… irreversibile… irrevocabile… senza appello… Il punto di non ritorno… il definitivo… l’ultimo… la fine di tutto… Esiste uno e un solo evento cui si possano attribuire a pieno titolo queste qualificazioni nessuna esclusa, […] Quell’evento è la morte
Zygmunt Bauman, Paura Liquida
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Una radio a onde corte si sintonizza su una stazione non emittente. Rumore bianco, solo fruscio indistinto. Ci concentriamo a fondo e poniamo la nostra domanda mentre un registratore accompagna la seduta. In seguito, riascolteremo la nostra voce e analizzeremo quel rumore bianco gettato su un software per l’editing audio. Ci districheremo tra i nodi in cerca di qualcosa, una traccia, una risposta non percepibile con la sensibilità limitata delle nostre orecchie umane. Eccolo qui; un sospiro flebile compone quella che potrebbe essere una parola. Riascoltiamo ancora e ancora quel rumore bianco caratterizzato da tutti i toni possibili nello spettro sonoro. Eppure, sono ben altri gli spettri che andiamo cercando – noi scoviamo voci elettroniche o EVP – Electronic Voice Phenomena, manifestazioni sonore prodotte dall’aldilà, da una dimensione non-fisica dell’esistenza.
Possiamo anche decidere di ascoltare la nostra traccia audio in reverse e provare a cercare risposte là dove sarebbe difficile scorgerle, oppure, se l’idea di armarci di tutta questa attrezzatura ci scoraggia, possiamo sempre ripiegare su una comoda e veloce app per il telefono. Anche qui, come in tutte le cose, vi sono varie scuole di pensiero e c’è chi sostiene una linea analogica dura e pura criticando la “totale inaffidabilità” delle app di ghost hunting e chi invece assume posizioni più progressiste, poco cambia, perché ad ogni modo, quelle che vi ho appena descritto sono solo alcune delle tecniche impiegate nelle sedute di metafonia, l’arte di comunicare con gli spettri attraverso le apparecchiature radiofoniche.
Ora, per dovere di cronaca devo informare subito che nulla di tutto ciò è mai stato avvalorato dalla comunità scientifica; la spiegazione razionale al fenomeno risale alle apofenie e alle pareidolie, inganni cognitivi che portano a “dare un preciso significato a ciò che è insignificante” e a “interpretare suoni casuali come emessi da una voce che parla la propria lingua”. Ciò non rende meno interessante questa pratica che va a mescolare superstizione magica a un medium tecnico-tecnologico, stravolgendo completamente la funzione originaria di quest’ultimo.
La tecnologia è ciò che più al mondo sembra porsi in antitesi con la magia, ma come si evolve, nella complessità del tecnocene contemporaneo, la dimensione magico-rituale? Può la tecnologia essere a servizio della magia?
Recap fantasmagorico
Se si pensa ai fantasmi, la mente corre a scenari da film horror: persone sedute a tavole rotonde, evocazioni, sedie fluttuanti – la figura chiave esplosa dall’Inghilterra vittoriana è quella de* medium, una persona con forti poteri psichici in grado di far da tramite tra il nostro mondo e quello degli spiriti, figura questa che purtroppo ha originato dagli esordi fino a oggi centinaia di cialtron* alla Vanna Marchi, del tutto intenzionat* a truffare la gente con trucchi per gonfiare le proprie tasche. Un caso celebre è quello delle sorelle Maggie e Kate Fox, medium superstar che nella seconda metà dell’800 contribuirono alla fondazione dello Spiritismo, e che ammisero infine che tutti quei battiti, fruscii, schiocchi e colpi che si sentivano nelle loro sedute spiritiche (a cui, tra l’altro, partecipavano centinaia di persone pagando un biglietto) erano spesso e volentieri suoni che riuscivano a produrre loro stesse senza che gli altri se ne accorgessero, ad esempio facendo scrocchiare le giunture del proprio corpo. A partire dalla seconda metà dell’XIX secolo, nonostante la ferma repressione della Chiesa cattolica, lo Spiritismo diviene una vera e propria dottrina nella società vittoriana, tanto da condizionare religione, filosofia, evoluzione morale dell’uomo, diritti umani e via discorrendo. Probabilmente originato come risposta alle numerose morti della Guerra di Secessione e dalla necessità di contattare i propri cari, lo Spiritismo unisce elementi tipici della cultura occidentale a credenze di tipo orientale come la trascendenza, la reincarnazione, il perfezionamento dell’anima nel ciclo di ascesa morale all’interno di esperienze terrene.
Sempre a questi anni risale la diffusione della tavola Ouija, su cui è interessante aprire una parentesi. Si tratta di una tavola di legno sulla quale è stampato l’alfabeto, i numeri da zero a nove, un “sì”, un “no” e un bel “goodbye”. La tavola Ouija è uno strumento che funge da tramite per mettersi in contatto con entità che, una volta chiamate, dovrebbero muovere un indicatore chiamato planchette su cui sono poggiate le mani di tutti i partecipanti della seduta. Gli spiriti sarebbero quindi in grado di puntare sulle lettere o sui numeri per rispondere alle domande che vengono poste loro. Questo strumento inizia a diffondersi con lo scoppiare dello Spiritismo ma viene ufficialmente commercializzato da un avvocato di nome Elijah Bond nel 1890, presentato come gioco da tavolo con slogan come “meravigliosa tavoletta parlante” e “divertimento per tutte le classi”. La sua reputazione sinistra si diffonde con la sua commercializzazione di massa e l’impiego che se ne fa nei circoli occulti. Il nome della tavoletta, Ouija (dall’unione della parola “sì” in francese e tedesco), viene coniato da William Fuld nel 1902, colui che ne comprò i diritti commerciali. L’uomo sostiene che sia stata la tavoletta stessa a suggerirgli il nome, tavoletta di cui egli dichiara di far ampiamente uso per trovare risposte a tutti i suoi arcani. Il brevetto della Ouija garantisce al signor Fuld una valanga di verdoni grazie alla sua estrema popolarità. Tuttavia, l’affarista muore nel 1927 in circostanze misteriose, cadendo dal tetto della sua stessa fabbrica…
Anche sul funzionamento della Ouija abbiamo una spiegazione da parte della comunità scientifica che sostiene che i movimenti della planchette altro non siano che una “risposta ideomotoria”, ovvero dei piccoli movimenti inconsci che ne generano altri a catena.
Sempre negli stessi anni, anche la fotografia spiritica trova il suo boom di popolarità: sin dagli esordi del medium fotografico si è intuito il potenziale di “messa in scena” della macchina che, se da un lato viene vista come la prova più inconfutabile della realtà, dall’altro quest’invenzione straordinaria è avvolta da un’aura magica. Lo stesso Sir Arthur Conan Doyle, lo scrittore dell’investigatore razionale per eccellenza, è un accanito sostenitore della veridicità delle fotografie spiritiche, per cui scrive anche un libro a difesa dell’autenticità di questa pratica (Fotografare gli spiriti, Marsilio editori).
Oggi sappiamo che queste immagini di ectoplasmi, teste fluttuanti e figure spettrali altro non sono che trucchi realizzati con quelli che erano allora i mezzi a portata per il fotoritocco: collage, doppie esposizioni, fili invisibili.
Con questa premessa possiamo capire quanto la presunta comunicazione con i defunti fosse un aspetto importante della società nell’epoca vittoriana, non solo una “moda” del tempo, bensì una vera e propria forma di terapia a cui si ricorreva davanti all’insostenibilità del dolore del lutto in una società segnata dalle guerre e priva dei dispositivi della medicina moderna. La morte era molto presente nella società vittoriana: le persone erano continuamente poste davanti a perdite dolorose e prive di senso, e per superare questo dolore il compito rituale che le pratiche spiritiche portavano avanti era di grande rilievo. È importante, infatti, sottolineare come l’aspetto magico e la dimensione della cura fossero veramente intersecati prima che la medicina divenisse qualcosa che ha a che fare col corpo e corpo soltanto.
Con il passare degli anni, il maturare di uno scetticismo diffuso e della fede positivista di matrice cartesiana che contraddistingue l’uomo moderno, lo Spiritismo è stato accantonato, allontanandosi dalla sua portata di massa.
Certo, non sono mancate manifestazioni folkloristiche nel nostro Paese (è il caso forse di citare la seduta spiritica che venne fatta per cercare il presidente della DC Aldo Moro?), eppure, tutto sommato, guardando gli ultimi decenni della nostra storia si può dire che il “mondo degli spiriti” sia andato sempre di più ad assopirsi.
Necromanzia del ventunesimo secolo
Quindi? Abbiamo smesso di comunicare con i defunti? Affatto: lo spirito continua.
L’arte della psicomanzia, con i riti che ne seguono, non è mai stata del tutto soppiantata. Tuttavia, ad un certo punto la ritualistica classica ha lasciato spazio, o è stata integrata, con attrezzature più moderne: radio, software di editing audio, telecamere a infrarossi, dispositivi in grado di captare le variazioni elettromagnetiche; i device tecnologici diventano al centro delle indagini paranormali, tanto da poter delineare un salto da analogico a digitale, un passaggio da una dimensione magico-rituale a una magico-tecnologica. Dimentichiamo la tavola rotonda, gli ectoplasmi, le possessioni o certe “magiche tavolette parlanti”: qui si lavora con K-II, RF e EMF, rivelatori di campi elettromagnetici in grado di segnalare sensibili variazioni di temperatura, ZOOM e registratori digitali da adoperare in cuffia per captare le famose EVP (Electronic Voice Phenomena), Spirit-Box, ovvero radio modificate che saltano da una frequenza all’altra velocemente su stazioni non emittenti producendo quel caratteristico rumore bianco dove gli spiriti, secondo questa scuola di pensiero, possono manifestarsi e comunicare – e non dimentichiamo le telecamere con visione notturna.
Gli strumenti che ho appena elencato costituiscono la reale attrezzattura di un ghost hunter, ovvero un cacciatore di fantasmi. Così si fanno chiamare coloro che si dedicano alle indagini paranormali. Il loro obbiettivo? Catturare prove dell’esistenza di fantasmi su video o pellicola.
Facendo un giro su internet sono numerosissimi i gruppi di ghost hunters che propongono contenuti sui social, tutti più o meno sulla scia di Ghost Adventures, un celebre programma di DMAX dove il format è sempre il medesimo per ogni puntata: un luogo infestato, una troupe di specialisti dotati delle più sofisticate apparecchiature tecnologiche, qualche traccia paranormale (che siano EVP, rumori molesti, ombre misteriose) registrata nel corso di ogni indagine.
Ora, la domanda che potrebbe sorgere spontanea è: perché? Perché queste persone scelgono volontariamente di andare a esplorare luoghi fatiscenti per registrare sibili spettrali?
Io credo che le risposte siano diverse. Da un lato, la produzione di contenuti per canali YouTube sotto la scia di un programma esistente fa subito pensare che ci troviamo nell’ambito dell’intrattenimento e che, sotto sotto, nonostante le premesse siano di ricerca “scientifica”, in fondo chi va a caccia di fantasmi debba almeno un po’ divertirsi con un intrattenimento che diventa infine auto ed eterodiretto. Segue sicuramente una grande curiosità e fascinazione per ciò che è inspiegabile, che trovo molto umana e comprensibile. Ultimo, ma non ultimo, credo ci sia una ragione più profonda ed esistenziale dietro a quell’inseguire voci flebili e fluttuanti.
Ernesto De Martino, grande antropologo che nei primi del Novecento, ha studiato a fondo il mondo magico delle popolazioni così dette tribali e di particolari regioni della Lucania. Egli ritiene che la magia sia tutt’altro che irrazionale poiché questa costituirebbe un tentativo dell’essere umano di affermare la propria presenza nel mondo – ovvero un esserci filosoficamente inteso. De Martino sostiene che non ci sia niente di più tragico per la persona della perdita della presenza, che equivale a una sorta di “perdita della propria anima”, una caduta in uno stato di finitezza e limitazione del reale.
Per l’antropologo, l’esperienza più destabilizzante nel corso della nostra esistenza è la morte o, peggio ancora, la paura della stessa. Davanti alla crisi della presenza che la morte causa, bisogna trovare un orizzonte di valori e significati condivisi per superare l’ineffabilità dell’esperienza di questa in un processo di destorificazione dell’evento luttuoso per rendere tale fatalità accettabile o quantomeno comprensibile.
Nei secoli, nel tempo, nella moltitudine delle sfaccettature delle diverse società umane, si sono sempre cercate strategie per inquadrare il trauma della morte in un orizzonte di senso; quella che gli scettici definiscono superstizione trova una ragione d’essere in pratiche che trascendono le epoche storiche e che si riconnettono a un’esigenza umana di ordinare il mondo e di esercitarvi un certo controllo. Ciò che cambia, nella complessità del tecnocene moderno, nella razionalità spiegata dell’homo oeconomicus contemporaneo, è la modalità in cui queste pratiche si evolvono. La tecnologia non è l’antitesi del mondo magico di cui De Martino parla nei suoi libri: l’essere umano si evolve, si adatta, e adatta i suoi supporti alle sfide del presente.
Con la spinta accelerazionista del tecnocene contemporaneo, sarà interessante osservare quali mutamenti ci riserverà l’evolversi del potere paragnomico integrato ai medium sofisticati di cui disponiamo: una cyber-tavola Ouija? Una chat AI in grado di connettersi a spiriti antichi? La retrocognizione virtuale?
Chi lo può sapere, solo il futuro ci saprà dire – e stupire.