Quello che si nasconde ai margini
Tra AI, Fumetti post-digitali e di industria dei media
Intervista di Alexander Plaum a Ilan Manouach
Intervista rilasciata originariamente in inglese su DW Innovation. Ringraziamo Alexander Plaum per averci dato l’opportunità di tradurre l’intervista per D Zine.
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Un piacevole effetto collaterale di questo blog è che continua a essere uno strumento utile ad avviare conversazioni con persone interessanti – come Ilan Manouach, originariamente contattato per discutere di media sintetici. Dopo un primo contatto, abbiamo deciso che un’intervista in piena regola sarebbe stata appropriata. Nel caso in cui non abbiate sentito ancora parlare di Ilan: è un artista, musicista, ricercatore e studioso greco-belga molto prolifico, con un forte interesse per le IA, pubblicazioni avanguardistiche, perturbazioni post-moderne e – soprattutto e principalmente – fumetti a trecentosessanta gradi. Al momento, Ilan sta lavorando come ricercatore all’estero presso la metaLAB a Harvard e come consulente per Onassis Publications. In breve, è un ottimo interlocutore quando si parla di innovazione e idee azzardate.
Alexander: Ilan, sembri un uomo dai molti interessi e talenti. Tuttavia, questo è un blog di tecnologia applicata ai media, quindi parliamo di tecnologia applicata ai media. Un paio di anni fa, hai iniziato il Neural Yorker. Essenzialmente, è un bot su Twitter che posta delle vignette generate da un’AI riprendendo lo stile del New Yorker. Qual è stata la tua ispirazione per progettarlo – e cosa ti aspetti di ottenere da tutto ciò?
Ilan: Prima di tutto: grazie. E per rispondere alla tua domanda: negli anni, mi sono dedicato a un ampio esercizio artistico cercando un modo per fare fumetti in modo “diverso”, usando strumenti e metodi che provengono dall’arte concettuale, dalla scrittura non-creativa, dalla critica post-coloniale e dalla conoscenza situazionale.
La maggior parte dei miei progetti pubblicati possono essere descritti con poche semplici parole: Shapereader è un fumetto per persone non-vedenti, Tintin Akei Kong è Titin tradotto in lingala, e così via. I miei fumetti generalmente sono generati grazie a una serie di istruzioni basiche, a differenza delle rigorose operazioni e procedimenti algoritmici del deep learning. Il Neural Yorker è un progetto che ho sviluppato in collaborazione con l’informatico Yannis Siglidis. Esplora il concetto di fumetto a partire dalla prospettiva dell’automazione. Intensifica e amplifica quello che viene chiamato mediazione tecnologica usando degli algoritmi per generare nuovi contenuti. Le speculazioni e i commenti che vengono fatti sul ruolo crescente dell’automazione nelle produzioni artistiche sono stati un cliché nel dibattito artistico per più di un secolo. E l’industria del fumetto da sempre è cresciuta in simbiosi al fianco dello sviluppo della stampa, della distribuzione e tecnologie della comunicazione. Il Neural Yorker porta avanti questa tradizione, se vuoi vederla così.
A: Hai anche iniziato a offrire un servizio che crea dei fumetti AI personalizzati/su misura per i media – tenendo conto dei loro settori e le loro sedi (se lo vogliono). Ora capisco l’automazione in ambito finanziario o il giornalismo sportivo, ma come funziona esattamente questa roba?
I: Questo servizio – al momento nella versione beta – è aperto a tutte quelle media agency che sono affini al senso dell’umorismo insolito e non sequitur del Neural Yorker. Funziona così: prima, il servizio scansiona una lista di migliaia di giornali online, periodici e blog che sono divisi per settore (attualità, finanza, sport, eccetera), regione (locale, nazionale, internazionale) e orientamento politico (progressista, conservatore, eccetera. Successivamente, il nostro algoritmo estrae delle informazioni dai titoli, e classifica i nomi delle entità in categorie predefinite come, ad esempio, nomi di persona, organizzazioni, eccetera. Usando questi token (i Tories, cricket, Boris Johnson, o qualsiasi cosa compaia tra le notizie di tal giorno) e i costrutti condizionali creati da noi, il software genera 10.000 vignette. Fatto questo, il servizio utilizza un algoritmo euristico-aggiornato e rileva-comicità per assegnargli un punteggio – e alla fine sceglie la vignetta creata da AI più divertente da caricare nel nostro magazzino di distribuzione. L’intera operazione potrebbe sembrare poco convenzionale ed esagerata, ma parafrasando Raymond Devos, “la comicità è una faccenda veramente seria e non dovrebbe mai essere affidata a dei buffoni!”.
A: Be’, questo è sottinteso. Comunque, da quello che ho visto finora, il risultato del Neural Yorker è stuzzicante e piuttosto divertente, ma in un modo post-moderno. Pensi che prima o poi potresti creare qualcosa così ben fatto come le vignette leggendarie del New Yorker?
I: Un po’ di tempo fa, ho ascoltato un’intervista in un podcast con un’informatica specializzata in NLP (processi del linguaggio naturale) e comicità. Dopo mesi spesi a preparare reti neurali su un vasto database di battute e scherzi, ha concepito questa battuta sintetica: “Perché la gallina ha attraversato la strada? Per avvitare una lampadina!”
A: Era Janelle Shane! Con lei ho discusso di AI e media sintetici l’anno scorso. Ma prego, vai pure avanti…
I: Be’, c’era qualcosa di davvero fuori di testa nel fatto ci fosse un’impollinazione incrociata tra la macchina e la comicità, nella capacità di applicare la formula della distribuzione di probabilità a un database di battute in modo tale che potesse dedurre il miglior candidato seguendo questa logica: sia “gallina” che “lampadina” sembrano essere elementi giusti per una battuta. Quindi per poter massimizzare le possibilità di produrre qualcosa di divertente, i due termini dovrebbero essere messi insieme nella stessa espressione. E funziona! A questo punto, io volevo solo portare tutto ciò a un livello successivo e applicarlo ai fumetti. Credo che rappresentino una forma d’arte profondamente radicata nel XX secolo e che si rivolge a lettori con una soglia d’attenzione più bassa – e che sentono il bisogno di avere uno schema visivo facile. I fumetti sono creati per distogliere i lettori dalla densità testuale di un articolo, catturare la loro attenzione e poi gettarli nella confusione. Il mio obiettivo non è sicuramente quello di raggiungere il livello dei fumettisti umani o far divenire loro superflui creando un magazzino generalizzato mondiale di vignette non sequitur (quando già occupano un posto precario). Sono interessato al modo in cui le macchine capiscono la comicità, e sfruttando il potere dei nostri algoritmi, credo che riuscirò a cogliere i pattern, tratti e outlier (valori anomali? Anomalie? Elementi stranianti). Cose che sono state trascurate o nascoste ai margini della cognitività del lettore. Nel prossimo futuro, grazie agli sviluppi della sintassi e dell’analisi semantica, probabilmente saremo in grado di emulare del tutto la complessità dei linguaggi naturali, scritti e parlati. E a un certo punto, potremmo anche superare le sfide delle funzioni del linguaggio che finora potrebbero aver costituito tratti umani unici, come la comicità, l’ironia o l’ambiguità.
A: Tutto ciò sta diventando molto filosofico, e mi piace, ma torniamo con i piedi per terra per un momento: la sintesi dei media che ricorre alle AI avanguardistiche si basa sul riconoscere, ricreare e remixare schemi. Il software non capisce appieno cosa sta succedendo nel mondo e non ha senso dell’umorismo (e questo non significa che sia incapace di creare dei prodotti divertenti). Dopo aver chiarito ciò, credi che ci sia un modo di avere una rete neurale e che un paio di esperti del deep learning distillino un linguaggio universale – o una grammatica – della comicità? Soprattutto se pensiamo che le battute e le barzellette hanno bisogno di rispecchiare quello viene raffigurato in un istante, e che sono notoriamente difficili da tradurre?
I: Qui ti cito la tesi di Daniel Dennett sulla “competenza senza conoscenza”. Se le macchine raggiungessero un livello di performatività che nei contesti umani è raggiungibile grazie alla comprensione, la differenza avrebbe una matrice puramente epistemologica. La comicità ha una funzione sociale, dipende interamente dal contesto, dal linguaggio, dal ritmo e dal tempo di riposta. In Francia e Belgio, per esempio, le consolidate tradizioni vignettistiche satiriche e irriverenti, come il tristemente noto Charlie Hebdo, sono distanti anni luce dalle pubblicazioni americane come MAD, National Lampoon o il New Yorker. Non sono mai stato convinto dalla missione strutturalista di creare degli standard cognitivi universali per la costruzione di una stele di Rosetta in nome della “sacra comicità”.
La “traducreazione” non sembra essere un’operazione necessaria qui. Preferirei discutere sul fatto che esiste una mancanza di indipendenza tra il testo e l’immagine, o meglio: esiste una subordinazione del disegno al testo – che è un segno di un mezzo di comunicazione in declino. Pensa alle qualità poetiche di Pater Arno, Gary Larson o Willem – e mettili a paragone con la maggior parte dei fumetti contemporanei che presentano un personaggio casuale, di solito un uomo, al centro dell’immagine, mani in tasca, che sputa una sorta di commento acido sulle notizie. Per poter capire meglio quanto siano rilevanti i fumetti, ho fatto un sondaggio online. Sai cosa ho scoperto? I venti tag più popolari in centinaia di fumetti sono: animali, bambini, animale, moglie, cani, marito, bambino, mogli, mariti, dottore, dottori, capo, manager, lavoro, crimine, genitori, impiegato, lavori, genitori, manager. Non esattamente un’incursione nelle percezioni cognitive fuori dall’ordinario. Tuttavia, le ricerche sulle tradizioni vibranti delle vignette utilizzate dalla stampa all’inizio del secolo scorso, rivelano l’eredità profondamente allucinatorie delle strisce a fumetti, capace di manipolare le menti (a questo proposito, leggi il fantastico libro di Dan Nadel, Art out of Time).
A: Discutiamo invece di un argomento diverso, ma comunque affine. Il tuo servizio di fumetti AI probabilmente è basato su un grande numero di fumetti, disegni, battute e così via, la maggior parte pubblicati da persone famose. Non è un terreno pericoloso, legalmente parlando?
I: In realtà, non è così. Nella fase di sperimentazione, abbiamo usato principalmente un’imponente collezione privata di vecchi giornali satirici che abbiamo faticosamente digitalizzato e annotato, così come anche dei dataset di materiale digitale messo sotto licenza Creative Commons. La maggior parte del materiale (sotto copyright) che può essere trovata sul web ha una risoluzione troppo bassa per poter essere usata per dei modelli generativi. E nonostante il titolo del progetto – The Neural Yorker – credo che non dovrebbe esserci nessun tipo di confusione con il famoso settimanale statunitense.
A: Dal tuo punto di vista, cosa faranno le AI sofisticate e i media sintetici all’industria dei media e dell’editoria nei prossimi dieci anni? Ovviamente, non sto solo parlando di fumetti, ma tutti i tipi di narrazione visiva e comunicazione.
I: Be’, diversi personaggi dell’industria dei media stanno fortemente investendo nei contenuti sintetici, ora come ora. L’investimento globale sulle tecnologie deep learning nel campo dei media si stima che ammonterà a circa 120 miliardi entro il 2025. I consorzi dei media stanno lavorando alla piena integrazione del testo sintetico in sempre più aree della produzione di contenuti. La loro speranza è quella di incrementare significativamente la loro produttività. Alcuni editori di fumetti sono più riluttanti, ma le AI e altre tecnologie digitali sono destinate a trasformare radicalmente anche la loro industria. Sortiranno ogni tipo di effetti: quelli economici come la precarietà del settore manufatturiero. Quelli sociali come l’ascesa della fan culture imprenditoriale, e il consolidamento di diverse comunità con forme di narrazione amatoriale e attività semi-professionali. O anche effetti estetici, visto che le AI e i media sintetici sono regolarmente diventati parte del processo di produzione di pipeline. Non c’è motivo di pensare che in altri settori creativi, dalle arti, all’intrattenimento e fino all’industria dell’informazione non assorbiranno i media sintetici in un qualche modo.
A: Mettiamo da parte l’AI e partiamo dei fumetti digitali o post-digitali. Cosa può portare di nuovo questo medium all’industria dell’informazione, giornalismo o dell’alfabetizzazione mediatica?
I: Be’, la comunicazione multimodale impiegata dalle narrazioni grafiche è, al momento, la modalità preferita per quanto riguarda la condivisione e la rappresentazione artificiosa delle nostre vite su internet. Dal giornalismo dei dati al giornalismo grafico alla costruzione di comunità online, c’è sempre una storia visiva che può essere raccontata. Quindi sicuramente troveremo molto campi di applicazione per i fumetti post-digitali.
A: Grazie per l’intervista, Ilan.