Un racconto del passato venuto dal futuro!
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«Nel mese di luglio dell’anno 2008, la razza umana sfiorò la completa estinzione. In pochi istanti, le armi elettromagnetiche cancellarono più di metà degli esseri viventi dalla faccia del pianeta. Il cataclisma causò uno spostamento traumatico dell’asse terrestre, e i continenti finirono quasi interamente sommersi dalle acque»
Prologo
Siamo nel 1978 e sulla Nhk, l’omologo giapponese della nostra Rai, va in onda il primo episodio di Conan il ragazzo del futuro, la prima serie anime realizzata da Miyazaki a 360 gradi.
Prima di allora il futuro fondatore dello studio Ghibli aveva lavorato a numerose produzioni di importanza storica come Heidi e Le avventure di Lupin III, quest’ultima pesantemente modificata da Miyazaki nella trasposizione dal manga di Punch all’anime, trasposizione in cui per la prima volta emergono le convinzioni politiche dell’autore: Lupin da avido, misantropo e misogino diventa buono e romantico, la sua automobile non è più un’aristocratica Mercedes Ssk anni Venti ma la ben più proletaria Fiat 500 oramai iconica, i toni da lisergici e graficamente violenti si fanno morbidi e assumono tinte pastello (in Il castello di Cagliostro tali intuizioni estetiche raggiungeranno il loro apogeo).
La coscienza politica di Miyazaki è dovuta principalmente alla sua militanza come presidente del sindacato degli animatori alla Toei Animation durante la seconda metà degli anni Sessanta. È grazie alle lotte sindacali che inizia a conoscere altri animatori e a solidarizzare con loro, come per esempio con Isao Takahata, un altro grande maestro dell’animazione giapponese. Sempre in questo periodo approfondisce le questioni basilari del marxismo riguardo al lavoro e alla critica al consumismo. In futuro Miyazaki si ricrederà sul marxismo e se ne allontanerà con fare critico e nichilista, ciononostante metterà al centro dei suoi più grandi capolavori la figura del bambino, da sempre, non senza criticità, come ci farebbe notare Helen Hester, sinonimo dell’avvenire. Ovviamente il periodo in cui lavorava alla Toei era un momento di grandi mutamenti sociali e, in un Paese attanagliato fin da subito dalla spinta capitalistica, il comunismo era visto come una possibilità reale e tangibile. Cosa poco nota in Occidente è infatti la grande diffusione del pensiero marxista nel Paese del Sol Levante, numerosi sono stati gli intellettuali che del materialismo scientifico hanno fatto prezioso strumento di analisi, tanto che negli anni Sessanta e Settanta molteplici erano gli economisti di fama in ambito accademico dichiaratamente marxisti come Uno Kozo, importante esponente della teoria del valore. Erano d’altronde gli anni delle rivolte studentesche dello Zengakuren, di una certa raccolta di consenso attorno al Partito comunista giapponese, della fondazione del gruppo terroristico Nihon Sekigun (Armata rossa giapponese); come in tutto il resto del mondo la fine dei Sessanta e i primi Settanta segnavano un’epoca e influenzavano il pensiero di milioni di persone, tra cui dello stesso Hayao Miyazaki.
Parlare oggi di Conan il ragazzo del futuro vuol dire aprire un dibattito politico quanto mai attuale, si tratta infatti di una serie premonitrice su temi come il collasso ambientale, la tecnologia e la guerra. La serie è un interessante ibrido tra una distopia postbellica e un racconto sulla fine del mondo. Ci sarebbe da chiedersi se Mark Fisher abbia mai visto Conan, in quanto rappresenta una fase liminale tra distopia e apocalissi. Ovviamente entrambi i filoni sono, per ragioni culturali e storiche, molto vicini ai giapponesi e spesso tornano nell’animazione, anche nei lavori di Miyazaki stesso. Basti pensare ad Akira di Otomo, nel quale vi sono due “fini” del mondo, la prima che porta al cyberpunk distopico alla Blade Runner, la seconda a scenari alla Mad Max.
La trama è tutto sommato semplice e si tratta di un adattamento dell’omonimo romanzo di Alexander Key: in un futuro prossimo (il 2008) il mondo è sconvolto da un conflitto su scala globale che ha quasi portato alla fine dell’esistenza della vita sul pianeta Terra, a seguito di tale evento la popolazione mondiale si è più che dimezzata e la natura ha ripreso il sopravvento sul pianeta. In questo mondo Conan, ragazzo dotato di una forza e agilità sovraumana, vive con il nonno sull’Isola Perduta. I due sono convinti di essere gli unici superstiti alla catastrofe finché non rinvengono sulla spiaggia una ragazza naufragata di nome Lana. La ragazza è dotata di poteri paranormali come la telepatia e l’abilità di comunicare con gli animali ed è ricercata dalla flotta di Indastria, un’isola dove regna un governo postbellico, distopico e tecnocratico. Lana nelle prime puntate verrà rapita dai militari di Indastria e portata nel loro quartier generale, la cosiddetta Torre triangolare, ovvero un futuristico centro per l’accumulazione e l’utilizzo dell’energia solare, la fonte di energia più potente in assoluto e causa dell’utilizzo di armi talmente potenti da aver «spostato l’asse di rotazione terrestre». All’indomani del rapimento Conan partirà per raggiungere Indastria e salvare Lana. Sul suo cammino incontrerà il fedele amico Jimsey, anch’esso dotato di forza sovraumana e Dyce, capitano della nave Barracuda, personaggio ambiguo, a tratti meschino ma simpaticissimo, probabilmente uno dei più riusciti della serie.
L’anime pone già in essere i principali leitmotiv miyazakiani. La separazione tra bene e male non è netta ma piuttosto sfumata: si passa da estremi opposti, ovvero Conan e Lana come rappresentanti del bene assoluto al malvagio e spregiudicato Repka, a personaggi di confine come il già citato Dyce, la vicedirettrice di Indastria Mosley, segnata dalla guerra e dunque fattualmente guerrafondaia o anche Orlo e sua sorella Tera, prepotenti ma che avranno modo di redimersi come la stessa Mosley. I capelli esprimono lo stato d’animo dei personaggi, si tratta infatti di un’intuizione che ritroveremo in tutti i lungometraggi dell’autore. Gli aeromobili, grande passione dell’autore, sono una costante fin dalle prime puntate. Infine, il rapporto con la natura è idealizzato e fortemente contrapposto a quello con la tecnica, vista come risorsa non neutrale e utilizzata idiotamente dagli esseri umani. L’argomento in questione raggiunge la sua massima espressione in una delle scene maggiormente preconizzanti di tutta l’opera di Miyazaki, in cui vediamo il dottor Rao, ovvero il nonno di Lana e ideatore del sistema di uso dell’energia solare, che mostra ai protagonisti una stanza costituita interamente da ologrammi; la scena è forte e toccante e mostra i personaggi intimoriti e angosciati da tale tecnologia che permette di vedere ma non di toccare e percepire. La natura e la tecnologia sono plasticamente contrapposte nella dualità tra Indastria e Hyarbor, le uniche due isole civilizzate. La prima, come già accennato, è distopica ed è governata dal Comitato, un’istituzione tecno-gerontocratica che non riesce ad amministrare correttamente la comunità finché, in un punto di non ritorno, subisce un colpo di stato da parte di Repka. Si tratta di una società fortemente classista, in cui coloro che appartengono alle classi subalterne (se non addirittura caste) sono marchiati a vita da un simbolo sulla fronte, inoltre vige un inquietante sistema a punti che distingue i vari cittadini dai più ai meno «meritevoli». Al contrario Hyarbor è strutturata sul modello di una comune agricola, una società dove tutti lavorano il giusto, i beni sono equamente distribuiti e il contatto con la natura è una costante per tutti gli abitanti. Si tratta però di un luogo non privo di criticità, è infatti diviso in due: da un lato vi è il Paese in cui vige il modello da comune agricola, dall’altro vi è la pseudo-tribù di Orlo, nella quale l’ordinamento politico si fonda sul brigantaggio e su un sistema di capi, contraddistinti dalla possibilità di muoversi a cavallo, che tanto ricorda la mafia.
Già grazie a tali elementi ci è possibile comprendere come una delle intenzioni dell’autore sia quella di mettere a confronto diversi sistemi politici; facendolo, si schiera dalla parte del villaggio di Hyarbor, caratterizzato dalle casette in stile europeo tanto amate dal regista, dai ricchi campi, dalle piccole botteghe e dal mare limpido e pescoso. Difatti la contrapposizione tra Indastria e Hyarbor è anche estetica e non solo culturale, Indastria è inquinata, il mare che la circonda è costellato da relitti e provoca disgusto nel Capitano Dyce ogni qualvolta vi si deve recare, tanto da spingere quest’ultimo a schierarsi, seppur in modo individualista, dalla parte di Hyarbor. L’antitesi tra natura e tecnologia viene inoltre sottolineata nel momento in cui Indastria dichiara guerra a Hyarbor, momento in cui l’incrociatore capitanato da Mosley scaglia i propri missili sui pacifici campi, distruggendo così il lieto equilibrio costruito negli anni postbellici. Iconica è la frase pronunciata dal sindaco di Hyarbor nel tentativo di convincere i soldati di Indastria: «Posate le armi e prendete le falci!».
Conan è una serie avveniristica ed estremamente lungimirante per i tempi, la messa in discussione dell’Antropocene e della dialettica antropocentrica, a suo tempo ancor più predominante, non era certo qualcosa di scontato. Inoltre, gli anni Settanta in Giappone segnavano l’inizio del toyotismo, per molti economisti il cardine della terza rivoluzione industriale, anche culturalmente il panorama era invaso dai mecha di Go Nagai, prodi robot semidivini che agivano in quanto deus ex-machina. Probabilmente non è un caso che la cesura tra anni Settanta e Ottanta abbia prodotto il fermento culturale per la nascita di opere lontane dal fantastico di Go Nagai e più crude e realistiche come Mobile Suit Gundam di Tomino. Nell’anime di Miyazaki è la tecnica a portare la fine della tecnica stessa, in forma sintetica si tratta di un Antropocene che si autoannichilisce, è la narrazione di un’epoca a venire in cui, come canterebbero gli Zen Circus: «La tecnologia ci servirà per fare un fuoco».
L’estetica, ancora una volta, gioca un ruolo fondamentale nella descrizione della tecnologia e del tipo di uso che se ne fa. Nonostante l’esplicita parzialità giocata dalla tecnica, vista dall’autore come brutale mezzo bellico, anche qua vi sono delle sfumature che arricchiscono l’opera. L’estremo più brutale è rappresentato dal Giganto, un enorme aeromobile alimentato a energia solare che, dotato di armi elettromagnetiche, causò lo spostamento dell’asse di rotazione terrestre. Il Giganto, benché potentissimo, è un mezzo dalla goffaggine quasi imbarazzante, lento e stracarico di superflui cannoni, i quali andranno, in una delle scene finali dal sapore quasi comico, a distruggere il mezzo stesso. Tale arma di distruzione di massa trova il suo doppelgänger positivo in un’altra opera di Miyazaki, ossia nel mezzo usato da Nausicaa (in Nausicaa della valle del vento), una sorta di piccolo hovercraft dal design estremamente minimale e che non emette scorie di sorta. Ma anche nell’anime del 1978 vediamo i primi prototipi degli aereomobili che segneranno l’intera filmografia di Miyazaki; dai più minimali e aggraziati come la Macchina Volante o il Sommergibile Volante del dottor Rao ai più steampunk come il Barracuda di Dyce o il Falco di Mosley.
In conclusione, si tratta di un lavoro a tutti gli effetti maturo nonostante sia l’opera prima del maestro (se si considera un approccio registico, concettuale e di design), come già detto fino a quel momento aveva lavorato su soggetti già realizzati in precedenza.
In questo periodo in cui in Occidente si torna a parlare di guerre, bombe atomiche e, soprattutto, di apocalissi come realtà imminente, la speculazione portata alla ribalta negli anni Settanta da Conan risulta profonda e analitica, senza perdere mai di vista la complessità, cosa non facile in un lavoro destinato a un pubblico giovanissimo e di quarant’anni fa. Se non lo avete mai visto guardatelo, se invece lo avete già visto riguardatelo, sarà una visione che vi lascerà senza ombra di dubbio folgorati per caratura, bellezza e lungimiranza.