Benvenuti nella tecnosfera!
Capitolo estratto da Nextnature
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Mille anni fa, le notti sulla Terra erano completamente buie. A parte l’occasionale incendio di una foresta o un fulmine o un lampo tra le nuvole, dopo il tramonto il mondo era immerso in una totale oscurità. Guardate oggi la parte notturna della Terra dallo spazio e vedrete una rete luminosa e dorata di città e autostrade, pescherecci e piattaforme petrolifere. Per miliardi di anni è stato buio e poi, improvvisamente, si sono accese le luci. È primavera sulla Terra?
Le fotografie della NASA della Terra di notte emanano una bellezza ambivalente. Mentre a livello della strada vediamo le nostre città come costruzioni puramente culturali, dallo spazio appaiono come splendenti strutture organiche simili a muschio che fanno fiorire il pianeta. La bellezza però inganna. Assieme a una magica rete di città illuminate visibili dallo spazio, abbiamo il rovinoso consumo di combustibili fossili, l’uso di insetticidi in agricoltura, miniere esaurite, chiazze di spazzatura nell’oceano, radiazioni nucleari e millioni di ettari di foresta tropicale abbattuti. Se esistesse una Madre Natura, cosa penserebbe di tutto ciò? Sarebbe triste nel vedere un pianeta febbricitante, malato di umanità? Oppure sarebbe contenta di vedere il globo illuminato, considerandolo la prova di un affascinante esperimento evolutivo in corso?
L’immagine della Terra illuminata di notte è la più eclatante manifestazione visibile della tecnosfera. Esistendo in parallelo con la biosfera, che definiamo come la somma di tutta la vita organica, la tecnosfera – a volte chiamata technium o noosfera – è composta dalla somma di tutte le tecnologie della Terra. Probabilmente vi verranno subito in mente invenzioni moderne come le reti di comunicazione digitale, il sistema finanziario e l’intelligenza artificiale, ma anche altre più vecchie come la rete fognaria, le strade, il denaro, la scrittura e gli orologi meccanici fanno parte della tecnosfera. Dare alla collezione di tecnologie del mondo un suo nome distinto enfatizza il fatto che la somma è maggiore delle sue parti e ha una dinamica propria.
Abbiamo iniziato a parlare di tecnosfera da relativamente poco tempo. Kevin Kelly ha iniziato la riflessione sulla questione con il suo libro del 2011 Quello che vuole la tecnologia, che ha ispirato molte persone. Ma lo stesso hanno fatto anche pensatori precedenti, come Pierre Teilhard de Chardin e Vladimir Vernadsky, che hanno introdotto i concetti fondamentali di geologia all’inizio del XX secolo. Assieme a geosfera (tutta la materia inerte sulla Terra) e biosfera (tutta la materia vivente sulla Terra), parlarono di noosfera (la sfera del pensiero, “noo” viene da nous, mente in greco). Io stesso ho usato il termine “noosfera” a lungo. Solo dopo essermi reso conto che molti lo sentivano in qualche modo astratto e perciò facevano troppo poco per portare avanti la discussione, sono passato a “tecnosfera” nel 2012. Nella letteratura tedesca, il filosofo Peter Sloterdijk ha scritto in modo approfondito riguardo le “sfere” in cui viviamo. E i geologi usano il termine “tecnosfera” ormai da qualche anno.
Poiché definisco la tecnologia come la materializzazione dell’ingegno umano, nella mia mente “noosfera”, “technium” e “tecnosfera” si sovrappongono. Anche se hanno sfumature differenti. Il termine “noosfera” ha associazioni più spirituali e dà più rilievo al pensiero, mentre “technium” e “tecnosfera” pongono l’accento sul materializzarsi di questo pensiero. Potreste dunque sostenere che il processore di un computer, essendo una chiara materializzazione dell’ingegno umano, fa parte della tecnosfera, ma che il software intelligente ad apprendimento automatico che esso esegue non è materiale e perciò fa parte della noosfera, ma non della tecnosfera. Oppure, visto che il software ad apprendimento automatico per funzionare dipende dal processore, possiamo vederlo come una materializzazione indiretta del pensiero umano e inserirlo nel dominio della tecnosfera.
Il termine “tecnosfera” piace per due motivi: da una parte, si riferisce direttamente ai cambiamenti tecnologici che ci riguardano tutti e, dall’altra, la sua somiglianza coi termini già familiari “geosfera” e “biosfera” sottolinea la connessione tra le varie sfere evolutive. Così come la biosfera si basa sulla più vecchia geosfera e interagisce con essa in vari modi, la tecnosfera a sua volta si evolve e influisce sulla biosfera sottostante.
Una bolla invisibile
A meno che non facciate parte di una tribù incontattata della foresta tropicale, l’ambiente che vi circonda è probabilmente più tecnosfera che biosfera. La tecnosfera è tutto intorno a noi. Gli abiti che indossate, la sedia su cui siete seduti, la casa in cui vivete, le strade sulle quali guidate, le tubature che vi forniscono l’acqua, le fognature che smaltiscono i vostri rifiuti sono tutte manifestazioni della tecnosfera. Poco tempo fa, mi è suonato il cellulare mentre ero seduto in aereo durante la discesa per l’atterraggio. Evidentemente, il campo elettromagnetico dell’antenna per le telecomunicazioni era tanto esteso da potermi raggiungere nell’aria. In quel momento, mi sono reso conto che la tecnosfera si estende per qualche centinaio di metri sulla superficie terrestre come una bolla invisibile. Il suo raggio è ancora maggiore, in realtà. Anche l’aereo su cui mi trovavo faceva parte della tecnosfera. Lo sapevate che in ogni dato momento della giornata più di 8.000 aerei volano sopra la superficie della Terra, con a bordo più persone di quante non ne esistessero sul nostro pianeta 70.000 anni fa? Inoltre oggi ci sono più di 2.000 satelliti per le telecomunicazioni in orbita attorno alla Terra.
Recentemente, un gruppo di geologi ha stimato il peso della tecnosfera fisica. La hanno definita come l’intera produzione materiale dell’attività umana: case, fabbriche e fattorie assieme ad automobili, computer, smartphone, lampadine, piattaforme petrolifere, penne e CD. Hanno conteggiato anche la quantità sempre maggiore di materiale di scarto, compresi la spazzatura nelle discariche, la plastica negli oceani, i rifiuti spaziali in orbita attorno alla Terra, addirittura l’anidride carbonica emessa dagli esseri umani nell’atmosfera. I geologi hanno stimato che l’infrastruttura fisica della tecnosfera pesava circa 70 triliardi di tonnellate, ossia circa 50 chili per metro quadrato della superficie terrestre. Siamo così immersi nella tecnosfera da non percepirla più: così come i pesci non sanno che l’acqua che li circonda è bagnata, le nostre vite sono indissolubili dalla tecnosfera.
Nessuno sa esattamente quando la tecnosfera abbia avuto inizio. È più giovane dell’umanità, ma più vecchia di qualsiasi persona vivente. Riprendendo l’idea della Terra notturna e della sua rete illuminata di città e autostrade come manisfestazione più visibile della tecnosfera, potremmo indicarne come primo esempio i fuochi dei bivacchi preistorici dei nostri lontani progenitori. Potreste tuttavia ribattere che è troppo presto, perché non esisteva ancora una rete la cui somma fosse maggiore delle parti. E allora, dov’è esattamente il punto di svolta? Quando un gruppo di uccelli diventa uno stormo? Due uccelli non fanno uno stormo, ma un migliaio certamente sì. Da qualche parte lì in mezzo emerge un nuovo comportamento che le parti individuali non possiedono.
Potreste porre la stessa domanda riguardo alla biosfera: quando è apparsa in sovrapposizione alla geosfera? La biosfera è nata quando sono apparse le prime cellule su una Terra senza vita oppure solo dopo che esse sono diventate un fattore importante? Se un ragno produce un solo filo, è già una ragnatela o lo diventa solo quando ci sono abbastanza fili da catturare una mosca? Possiamo disquisire sulla questione se la tecnosfera abbia avuto inizio quando gli esseri umani hanno acquisito il controllo del fuoco, con l’avvento dell’agricoltura, con la Rivoluzione Industriale o con l’invenzione di internet. Quello che è certo è che lo sviluppo turbolento della tecnosfera sulla molto più vecchia biosfera è direttamente collegato alla comparsa del genere umano. Stiamo vivendo in una fase di transizione nella quale la tecnosfera sta diventando tangibile.
Il futuro tecnologico
Quando pensiamo alla tecnosfera, siamo tentati di vederne l’evoluzione e l’impatto soprattutto come problemi futuri. I computer diventeranno intelligenti? I robot ci ruberanno il lavoro? Ci verranno messi in circolazione nel sangue dei nanobot? La medicina avanzerà tanto da permetterci di vivere per sempre? E che tipo di vita sarà se la tecnologia continuerà a crescere in modo esponenziale oltre il punto in cui chiunque di noi riesce a stare al passo? La tecnosfera diventerà consapevole? Emergerà una superintelligenza artificiale? E questa sarà benevola o no nei nostri confronti? Oppure, al contrario, possiamo aspettarci di risolvere tutti i nostri problemi e creare un paradiso in Terra?
Ci sono un’infinità di pensatori e osservatori che per mestiere delineano possibili futuri tecnologici. Sulla questione è stata scritta una quantità enorme di libri. La vera comprensione della tecnosfera, tuttavia, inizia con la propria esperienza personale qui e ora. Quali sono i momenti della nostra vita che rendono l’evoluzione della tecnosfera tangibile? Personalmente, penso prima di tutto ai telefoni cellulari. Una parte consistente dei lettori di questo libro saranno abbastanza vecchi da ricordarsi la vita prima della loro comparsa. Vi ricordate cosa avete pensato quando avete preso il vostro primo cellulare? La prima volta che ho visto un telefono portatile è impressa per sempre nella mia mente. Mi trovavo in un bar nel 1989, quando un conoscente appoggiò in modo quasi indifferente sul tavolo tra i bicchieri, un telefono grande come una valigetta. Quel mattone era un modello chiamato telefono veicolare, perché era talmente grosso che c’era bisogno di un veicolo per portarlo in giro. In quei giorni, i telefoni portatili erano uno status symbol per direttori, manager e rappresentanti, persone che dovevano essere reperibili. Ho acquistato il mio primo telefono cellulare dieci anni più tardi, nel 1999; né molto presto, né molto tardi. Molte persone attorno a me lo avevano, ed essere in grado di telefonare ovunque ci si trovasse sembrava comodo, così anch’io ho deciso di prenderne uno. Nel giro di un decennio, il mio smartphone è diventato parte di me. Può non essere letteralmente impiantato nel mio corpo, ma è inseparabile dalla mia identità e dal mio stile di vita. È passato da sconosciuto a familiare a indispensabile in meno di vent’anni.
Una generazione dopo l’altra
L’avvento dei telefoni cellulari è un esempio familiare di come la tecnosfera si inserisce nelle nostre vite perché è ancora piuttosto recente. Nonostante questo, sono già nate nuove generazioni di persone che danno la telefonia mobile assolutamente per scontata. Di recente ho parlato con un bambino che voleva sapere dei vecchi telefoni fissi. Non si aggrovigliavano i fili di tutte le persone che camminavano per strada? Doveva essere proprio scomodo avere un lungo filo che pendeva dal telefono. E se stavi andando in bicicletta? Per le nuove generazioni, la telefonia mobile è una parte naturale dell’esistenza umana, un fatto della vita, come internet o i social media. Non riescono a immaginare un mondo senza queste tecnologie. Ed è sempre così, una volta dopo l’altra, una generazione dopo l’altra.
Immaginate se avessi scritto questo libro cento anni fa. Non sarei stato in grado di parlare dei cellulari, forse avrei invece citato l’avvento dell’illuminazione tecnica come esempio di come le nostre vite sono interconnesse alla tecnosfera. Poco più di un secolo fa, l’illuminazione elettrica era una novità, un’innovazione che doveva essere spiegata alle persone. Nelle stanze di albergo dove erano state installate le lampadine, c’erano dei cartelli per gli ospiti: “Questa stanza è fornita di Luce Elettrica Edison. Non provare ad accendere con i fiammiferi. Basta girare la chiavetta sul muro di fianco alla porta”. La scritta in piccolo li rassicurava: “L’uso dell’Elettricità per l’illuminazione non è in alcun modo dannoso per la salute e non pregiudica l’integrità del sonno”. Al giorno d’oggi, queste non sono cose di cui ci preoccupiamo. Siamo così abituati all’uso dell’illuminazione elettrica che la riteniamo a malapena una tecnologia. Per i nostri bis-bisnonni, invece, la sua adozione fu una rivoluzione tecnologica e la sua opportunità fu materia di dibattito. Oggi, la maggior parte della popolazione mondiale ha accesso all’illuminazione elettrica. Anche nel villaggio più remoto dell’India è possibile leggere un libro dopo il tramonto.
Se avessi scritto questo libro nel Medioevo, avrei potuto usare l’esempio dell’orologio. L’adozione dei segnatempo meccanici permise alle persone di prendere appuntamento con una precisione maggiore di quanto fosse possibile con le unità di tempo naturali di giorno, mese e anno. Alcuni anni fa, in un piccolo villaggio africano, ho incontrato una vecchia signora che riusciva a dire l’ora in modo incredibilmente accurato usando solo la posizione del Sole. Al giorno d’oggi, pochi usano la posizione del Sole come orologio. Invece di essere svegliati dall’alba, siamo buttati giù dal letto dal suono delle sveglie. E la maggior parte di noi sa cosa si prova a restarsene stesi desiderando di poter dormire un po’ più a lungo. È innaturale: un ritmo meccanico ha preso il sopravvento su un bioritmo. È un esempio sottile di come la tecnosfera stia addomesticando la sfera vivente e di come lo stia facendo da secoli, non solo per mezzo dei tablet, smartphone e fitness tracker più recenti, ma attraverso gli orologi, il denaro, la scrittura. E che dire dell’agricoltura?
Se avessi scritto questo libro 10.000 anni fa – non c’erano libri a quel tempo, ma facciamo finta per amor di discussione – allora avrei probabilmente parlato dell’agricoltura. Sebbene oggi sia impossibile immaginare una popolazione mondiale di 7 miliardi di persone senza agricoltura, a quei tempi fu un’invenzione. La sua introduzione mise fine alla nostra esistenza da cacciatori-raccoglitori. Abbiamo iniziato a seminare piante commestibili, aspettare alcuni mesi perché arrivassero a maturazione e poi fare il raccolto. L’agricoltura fu un intervento radicale nell’ambiente naturale che cambiò completamente lo stile di vita del genere umano. L’invenzione della coltivazione dei raccolti e dell’allevamento degli animali permise la creazione di villaggi, visto che iniziammo a restare fermi. Mettemmo gli animali nei recinti invece di inseguirli. E poiché non serviva più che tutti passassero l’intera giornata alla ricerca di cibo, si creò una divisione del lavoro e aumentò il baratto. Qualcuno disse: «Io faccio il sindaco». Altre persone divennero dottoresse, artigiani, artiste, filosofi. Tutto questo richiede un’ingegnosità che non troviamo negli altri animali, anche se alcune specie di formiche mungono gli afidi e perciò praticano una forma di allevamento.
Non si sa se gli esseri umani che vivevano agli albori dell’agricoltura abbiano discusso dell’impatto trasformativo di queste nuove pratiche o meno. L’agricoltura era un miglioramento? Riduceva il tempo passato a raccogliere cibo, ma aveva anche i suoi svantaggi. Ancora oggi, alcuni ricercatori sostengono che l’agricoltura sia stata una cattiva idea perché ha portato le persone a seguire una dieta meno varia, a subire un maggior numero di infezioni e anche a sviluppare scheletri più deboli. Naturalmente, tutto ciò è difficile da verificare, figuriamoci annullare. Esistono ancora alcune tribù che non coltivano la terra – per esempio i Masai nomadi in Kenia e in Tanzania, che vivono principalmente di carne e latte e al giorno d’oggi prendono anche parte all’industria del turismo – ma possiamo tranquillamente definire il genere umano come una specie di mammiferi che pratica l’agricoltura. L’agricoltura è nata come cultura, ma col tempo è diventata parte della nostra natura. Certo, ci sono voluti secoli. La rivoluzione dell’agricoltura in realtà non è stata una rivoluzione, bensì un’evoluzione durata varie generazioni. In modo simile, la tecnosfera si sta sviluppando gradualmente attorno a noi.
Tendiamo a pensare che oggi tutto si muova più in fretta. Ogni essere umano sulla Terra è alle prese con il cambiamento tecnologico. Ma ci sono anche altri cambiamenti in corso che stanno procedendo molto lentamente, nel corso di varie generazioni. Una è l’urbanizzazione. A partire dal 2007, più del 50 per cento della popolazione mondiale vive nelle città. Siamo in un momento unico dell’evoluzione umana: vivere nelle aree urbane sta lentamente diventando la norma. In tutto il mondo, le persone si stanno spostando dalle zone rurali verso le città. È chiaro che sono attirate da qualcosa: la prospettiva di lavoro, il guadagno, la maggiore diversità, l’istruzione per i loro figli, una vita migliore. Ci si aspetta che, nel prossimo secolo, la percentuale della nostra specie che vive nelle città continui ad aumentare. Forse, tra mille anni, le città saranno un habitat naturale per le persone, come un alveare per le api.
Una nuova fase evolutiva
Come singoli individui ci accorgiamo soprattutto dei cambiamenti nelle nostre vite personali. Vediamo le differenze tra il presente e il tempo dei nostri nonni, quando ci immaginiamo che tutto fosse completamente differente. Ma nel contesto dei 4,5 miliardi di anni di esistenza della Terra, non solo una singola vita umana, ma l’intera esistenza dell’umanità sul pianeta è infinitesimale. Se rappresentassimo l’età della Terra in una cronologia alta come la torre Eiffel, la vostra vita misurerebbe meno dello spessore della vernice della struttura. Se ipotizziamo che l’Homo sapiens esista da circa 300.000 anni – una stima generosa – allora la Terra è esistita per un tempo 20.000 volte maggiore e l’età della specie misurata su scala della torre Eiffel sarebbe pari a meno di un centimetro e mezzo. Alta a malapena come la suola delle vostre scarpe. Anche un calcolo più generoso che includa gli ominidi come l’Homo erectus, che si è evoluto quasi 2 milioni di anni fa, ci porta solo poco sopra la caviglia.
Dunque, la tecnosfera è in circolazione da non molto tempo ed è direttamente collegata alla comparsa del genere umano. Ma questo non significa che svanirà. Possiamo supporre che continuerà a crescere. La biosfera ebbe inizio con la prima cellula vivente, in seguito ci vollero circa 2 miliardi di anni per il passo successivo verso la vita complessa pluricellulare. Sapevate che l’atmosfera della Terra una volta non conteneva ossigeno? Per noi esseri umani è un prerequisito per il respiro. Sulla Terra non dobbiamo andare in giro con le bombole di ossigeno come bisogna fare sulla Luna e di questo dobbiamo ringraziare i cianobatteri. Sono stati trovati fossili di questi batteri fotoautotrofi che hanno più di 3 miliardi di anni. Sono tra le forme di vita più antiche del pianeta. Se non si fossero evoluti, noi non saremmo in grado di inspirare ed espirare. In effetti, nessun essere umano o animale, così come li conosciamo oggi, si sarebbe potuto evolvere senza ossigeno nell’atmosfera. Questo esempio mostra come la natura costruisca sempre su livelli di complessità raggiunti in precedenza. La tecnosfera è il prossimo passo di questo processo.
E se l’evoluzione avesse inventato l’essere umano per consentire a se stessa di svilupparsi ulteriormente con la tecnosfera come nuovo livello evolutivo che dà origine a nuove specie impreviste?