Aiuto, sono stata cresciuta da una Janeite!
Di Pia Ferrara
Se una donna ha la disgrazia di avere una certa cultura deve cercare di nasconderla, per quanto possibile.
J. Austen, L’abbazia di Northanger
La prego, nessun riferimento a esempi tratti da libri. Rispetto a noi donne, gli uomini hanno avuto ogni vantaggio nel raccontare la loro storia. Gli uomini hanno sempre potuto godere del privilegio dell’istruzione molto più di noi; la penna è sempre stata nelle loro mani. Non ammetto che i libri possano essere considerati prova di alcunché.
J. Austen, Persuasione
∞
Sono stata cresciuta da una Janeite prima ancora di sapere chi o cosa fosse una Janeite.
E voi lo sapete? Se la risposta è no, ve lo spiego io: le Janeites sono lettrici di Jane Austen, ma non sono lettrici qualunque. Non si limitano ad amare Jane Austen e le sue opere, no; le venerano. Orgoglio e pregiudizio è il loro libro preferito, fingono di detestare Emma Woodhouse ma vorrebbero essere come lei, Elizabeth Bennet è la loro eroina e sottovalutano – a torto – Anne Elliot. E poi tutte, e intendo tutte, sono innamorate di Mr. Darcy.
Per chi non dovesse aver abitato fino ai diciotto anni in una casa con la sua bibliografia in triplice copia, facciamo un passo indietro e abbozziamo un sommario identikit di Jane Austen. Vissuta in Inghilterra tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento durante il periodo della Reggenza, figlia di un pastore anglicano, non si sposò e condusse una vita relativamente priva di eventi fino alla malattia che la portò alla morte. Fu particolarmente legata alla sorella Cassandra, alla quale indirizzò numerose lettere. Odiava la città[1] e amava la campagna, non a caso vi ha ambientato quasi per intero i sei romanzi che ci ha lasciato: Ragione e sentimento (1811), Orgoglio e pregiudizio (1813), Mansfield Park (1814), Emma (1815), L’abbazia di Northanger e Persuasione (entrambi pubblicati postumi nel 1818). A essi si aggiungono gli incompiuti Lady Susan, Sanditon e I Watson.
Jane Austen è da alcuni considerata – a torto – un’autrice romance ante litteram, ma le sue opere, seppure le relazioni sentimentali vi abbiano sempre un peso significativo, hanno molteplici livelli di lettura (il caso forse più emblematico in questo senso è quello dell’Abbazia di Northanger, che pur raccontando le vicissitudini della giovane Catherine Morland fino al matrimonio con Henry Tilney, è in realtà anche una parodia del genere gotico e, in particolare, di I misteri di Udolpho di Ann Radcliffe).
Ripercorrendo i romanzi di Jane Austen, possiamo identificare dei topoi veri e propri nelle “trame austeniane”. Al centro delle vicende troviamo una giovane coppia di innamorati che dovranno affrontare avversità dovute a differenze di rango e incomprensioni: in Orgoglio e pregiudizio, Elizabeth Bennet e Mr. Darcy sono divisi dall’orgoglio di lui, che è cosciente della sua posizione sociale più elevata, e dal pregiudizio di lei, che ha una cattiva opinione di lui e del suo orgoglio; in Persuasione, Anne Elliot e Frederick Wentworth sono divisi dal rango di lei, figlia di baronetto, mentre lui al principio della storia è un semplice ufficiale di marina; in Ragione e sentimento, Elinor Dashwood, pur amando, riamata, Edward Ferrars, rinuncia inizialmente a lui perché loro due insieme sarebbero condannati a una vita con pochissimi mezzi.
Vi sono poi degli ostacoli posti da altri personaggi: in Orgoglio e pregiudizio, Caroline Bingley corteggia apertamente Mr. Darcy, mentre Elizabeth è oggetto delle attenzioni di Mr. Wichkam, un ufficiale dell’esercito che in realtà è in cerca di un’ereditiera da sposare; in Emma, la protagonista, che non comprende i suoi sentimenti per Mr. Knightley, finisce per essere d’ostacolo a se stessa, coltivando una futile simpatia per Frank Churchill e interessandosi fin troppo alla vita sentimentale della sua amica Harriet Smith; in Mansfield Park, Fanny Price ed Edmund Bertram sono oggetto delle attenzioni dei fratelli Crawford, Henry e Mary.
Vengono avanzate e rifiutate varie proposte di matrimonio: in Orgoglio e pregiudizio, Elizabeth respinge sia quella di Mr. Collins, un lontano cugino meschino e noioso, non volendo sposare un uomo che reputa grottesco e di cui non riesce ad avere alcuna stima, sia in seguito quella di Mr. Darcy, visto che lui asserisce di amarla contro la sua volontà, contro la sua ragione e persino contro la sua stessa natura. Questa seconda proposta è tenuta segreta a tutti, e in particolare alla madre di Elizabeth, la cui ossessione per il matrimonio delle figlie è raccontata da Austen nei toni del grottesco che le sono cari, con l’intento di sdrammatizzare la legittima preoccupazione di una donna che non saprebbe come mantenere se stessa e le proprie figlie in caso di morte del marito. Per le gentildonne dell’epoca lavorare era infatti inammissibile e le Bennet non avrebbero potuto ereditare la proprietà paterna di Longbourn se non sposandosi.
Le trame austeniane si concludono inoltre sempre con uno shakespeariano “tutto è bene quel che finisce bene”: in Orgoglio e pregiudizio, Elizabeth e Darcy superano le loro incomprensioni grazie a un deus ex machina un po’ azzardato – l’intervento di Lady Catherine de Bourgh – e si fidanzano. Convoleranno a giuste nozze anche la sorella di Elizabeth, Jane, e l’amico di Darcy, Bingley, mentre la ribelle e impertinente Lydia Bennet vede la sua fuga d’amore con Wickham punita con il matrimonio con lui, tutto fuorché un buon partito. In Persuasione, Anne Elliot sposa Frederich Wentworth, nel frattempo promosso Capitano, mentre in Emma la protagonista apre gli occhi sui suoi sentimenti per Mr. Knightley e al loro matrimonio si accompagneranno quello di Harriet Smith e Mr. Martin e di Frank Churchill e Jane Fairfax. Le sorelle Dashwood sposano invece Edward Ferrars e il Colonnello Brandon nel finale di Ragione e sentimento, Catherine Morland risolverà i fraintendimenti con Henry Tilney nell’Abbazia di Northanger e Fanny Price vincerà l’amore di Edmund Bertram in Mansfield Park.
I romanzi austeniani hanno ricevuto la loro dose di attenzioni da parte del cinema e della fiction. Orgoglio e pregiudizio, Emma e Ragione e sentimento, in particolare, sono riusciti a imporsi nell’immaginario collettivo e a uscire fuori dalla nicchia Janeite. Se solo le più appassionate Janeites hanno infatti visto il film tratto da Orgoglio e pregiudizio del 1940 in cui i protagonisti sono interpretati da Greer Garson e Laurence Olivier, sono in tante a conoscere a menadito quello del 2005 con Keira Knightley e Matthew Macfadyen. Mentre, se Knightley sarà probabilmente la Elizabeth preferita anche delle fan più affezionate, soltanto coloro che hanno recuperato lo sceneggiato BBC del 1995 con Jennifer Ehle citeranno come miglior Darcy mai visto su piccolo e grande schermo Colin Firth e le sue indimenticabili basette. Per molte Janeites, Emma Woodhouse avrà le fattezze di Gwyneth Paltrow, protagonista indiscussa del film del 1996, ma la Emma di Anya Taylor-Joy nel film del 2020 ha tutte le carte in tavola per darle del filo da torcere con le generazioni più giovani. I protagonisti di Ragione e sentimento avranno invece nell’immaginazione di quasi tutti i volti degli attori scelti da Ang Lee nel 1995: Emma Thompson (Elinor), Kate Winslet (Marianne), Alan Rickman (Colonnello Brandon) e Hugh Grant (Mr. Ferrars).
Dopo aver letto gli scritti raccolti nei tre volumi di Juvenilia e visto persino la versione del 1995 di Persuasione, dove volgeranno lo sguardo le Janeites in cerca di nuove storie – come scapoli in possesso di un ingente patrimonio in cerca di moglie?
Testimoni della modernità e della popolarità, ancora oggi, delle opere di Jane Austen sono le tante pubblicazioni che, per venire incontro ai bisogni/desideri del fandom, hanno provato a proporne versioni alternative o ad ampliarne l’universo narrativo, rispondendo a domande come: e se[2] esistesse una versione di Orgoglio e pregiudizio con delle scene di sesso (così è nato Orgasmo e pregiudizio)[3]? E se le sorelle Bennet fossero cacciatrici di mostri (Orgoglio, pregiudizio e zombie)[4]? E se Orgoglio e pregiudizio fosse raccontato dal punto di vista di Mr. Darcy (la Trilogia di Fitzwilliam Darcy, gentiluomo)[5]? E se, in seguito ai matrimoni delle sorelle maggiori, Mary Bennet, sorella di mezzo, timida, intellettuale e amante del pianoforte, fosse riuscita a uscire dal guscio e a trovare l’amore (La sorella dimenticata)[6]?
Persino il romanzo Il diario di Bridget Jones[7] di Helen Fielding, che a metà anni Novanta diede struttura e forma al genere chick lit, deve moltissimo a Orgoglio e pregiudizio e ne costituisce una fanfiction, per quanto originale: il protagonista maschile è Mark Darcy, ispirato a Mr. Darcy, e la trama generale si regge su un equivoco molto simile a quello che vede Elizabeth credere alla buona natura di Wickham piuttosto che a quella di Darcy. Anche nel sequel Che pasticcio Bridget Jones[8], i riferimenti all’opera di Jane Austen sono espliciti: Bridget, giornalista, ottiene un’intervista con Colin Firth, a cui chiede ripetutamente della scena nella serie BBC in cui Darcy esce dal lago di Pemberley con indosso una camicia bagnata. Uno spezzone che Bridget e le sue amiche riguardano fino alla nausea, riportando la videocassetta della puntata (siamo nel 1999) in quel punto preciso ogni volta che sono giù di morale[9]. Se Bridget fosse stata a conoscenza delle Janeites sicuramente sarebbe stata una di loro.
Le Janeites hanno origini antiche e possono forse essere considerate il primo fandom della storia, oltre che uno dei pochi attualmente esistenti che ha per oggetto un classico della letteratura[10]: la parola comparve per la prima volta nella prefazione di George Saintsbury all’edizione George Allen del 1894 di Orgoglio e pregiudizio. Saintsbury parlò di “Janites”, ma è inequivocabile il riferimento ai fan e alle fan di Jane Austen. Fu poi nel 1924 Rudyard Kipling a scrivere un racconto intitolato Janeites. La prefazione e il racconto possono essere letti in Italia in un’edizione unica con introduzione di Silvia Ogier disponibile gratuitamente in rete a cura della Jane Austen Society of Italy (JASIT[11]), associazione culturale senza scopo di lucro finalizzata alla promozione della conoscenza e dello studio delle opere di Jane Austen. Tra le diverse pubblicazioni della JASIT che approfondiscono il mondo e la vita di Jane Austen ci sono anche una rivista ufficiale annuale e delle edizioni speciali dei romanzi dell’autrice realizzate in occasione del bicentenario della sua nascita[12]. L’associazione organizza inoltre reading ed eventi, come la serata danzante in stile Regency tenutasi nel 2019 a Bologna[13].
Sì, perché nel 2019 (e nel 2022 se è per questo) c’è chi ancora sogna abiti lunghi e acconciature stile impero, gentiluomini che ti invitino a ballare e la mondanità della Season. Siamo qui a leggere e scrivere fanfiction sulle sorelle Bennet e su Georgiana Darcy, indagando su immaginari omicidi nella tenuta di Pemberley, un po’ come Bridget e le sue amiche quando riavvolgono il nastro per osservare una volta di più un gentiluomo con indosso una camicia bagnata, bianca e trasparente. Come può Jane Austen affascinarci ancora dopo tutti questi anni? È l’idea di un duro dal cuore d’oro ‒ e con un portafogli abbondante ‒ pronto a volere noi e la nostra famiglia (con tutto il bagaglio di traumi, mancanze e scelte sbagliate) finché morte non ci separi ad affascinarci tanto?
Il mondo di Jane Austen sotto alcuni aspetti è simile al nostro: è vero, al contrario di quanto avviene oggi le eroine dei romanzi di Austen, di estrazione sociale medio-alta, non possono lavorare per mantenersi, pena il disonore, e la loro unica occasione per ottenere indipendenza economica e materiale è il matrimonio. Ma il buon partito, con la sua rendita di sterline più o meno cospicua, nella nostra società è rappresentato dalla tranquillità che garantisce un contratto a tempo indeterminato, unica possibilità di liberazione per i giovani da una vita familiare spesso asfissiante e infantilizzante. Finché l’incontro con l’uomo giusto non avviene, la Miss – che sia Bennet, Dashwood o Price poco importa – è a tutti gli effetti una neet sottoposta alla volontà materna e al giudizio della società. L’esistenza vuota e priva di eventi ‒ che non siano balli mondani ‒ delle Miss austeniane, unita al lieto fine che necessariamente le attende, ci rassicurano: anche se non sappiamo come pagheremo l’affitto, stiamo mangiando pasta col tonno da una settimana e ci sembra che la nostra vita non stia andando da nessuna parte, verranno per noi tempi migliori, incontreremo qualcuno che riconoscerà il nostro talento – che si tratti della bravura nel ricamo o al pianoforte o delle doti di leadership e dell’attitudine al problem solving – e ci chiederà l’onore di un ballo, salvandoci dal triste destino della zitella da tappezzeria.
Jane Austen ha il merito di aver raccontato per la prima volta storie di donne che non riguardavano il grande amore ma l’emancipazione dal padre e della madre e la ricerca di un proprio posto nel mondo con il matrimonio, un rito che sancisce il passaggio all’età adulta, l’abbandono dello status di figlia a vantaggio di quello di moglie. Una donna sposata aveva più potere in società e persino più libertà in ambito sessuale: una matrona con un amante avrebbe dato meno scandalo di una ragazza disonorata e costretta al matrimonio (come Lydia Bennet).
Più che antesignana del romance, Jane Austen è antesignana del femminismo: ha messo per la prima volta al centro della finzione letteraria vite di donne che non potevano ottenere l’indipendenza economica attraverso il lavoro o tramite eredità, mostrando il ventaglio di scelte limitate che una donna dell’epoca poteva prendere: sposarsi o non sposarsi. La problematica è economica e legale ma ha un impatto sociale e personale: non c’è uno scapolo in possesso di cospicuo patrimonio per tutte. Alcune, come Mary e Kitty Bennet, restano in attesa dell’uomo giusto; altre, come Charlotte Lucas, si accontentano di un Mr. Collins qualunque abbandonando i sogni infantili del partito perfetto. La scelta di Charlotte, lucida e tragica, è paragonabile a quella di chi oggi, a un certo punto della propria vita, rinuncia a inseguire il lavoro ideale o si rassegna a un infinito precariato. Ma queste scelte non sono mai a costo zero. Charlotte incoraggia suo marito a trascorrere molto tempo fuori di casa; noi, vittime della privatizzazione del benessere psicologico evidenziata da Mark Fisher tra le storture del capitalismo[14], ci curiamo come possiamo e cerchiamo di compensare esercitando il nostro (limitato) potere d’acquisto.
Forse è per questo che mia madre ha riletto così tante volte i libri di Jane Austen, e li ha fatti leggere anche a me perché imparassi a usare l’intelletto – come Elizabeth Bennet – e la pazienza – come Anne Elliot – e trovassi una mia emancipazione. Ed è forse per questo che, pensando alla mia vita da precaria e all’incertezza del futuro, li ho riletti io, ripetendomi: “Andrà tutto bene, andrà tutto bene”. Ormai mi avrete scoperta: il morbo Janeite si trasmette di generazione in generazione. Sono cresciuta in una casa con la bibliografia di Jane Austen in (almeno) triplice copia. Sono una Janeite anche io.
[1] Una volta mi sono imbattuta in una blogger che parlava della “Londra vittoriana di Jane Austen” e sono morta dentro.
[2] “E se” traduce letteralmente “what if”, locuzione che accompagna spesso i prompt, gli spunti narrativi, nella fanfiction.
[4] S. Grahame-Smith, Orgoglio, pregiudizio e zombie, Nord, Milano, 2016.
[5] P. Aidan, Per orgoglio e per amore (2003), Tra dovere e desiderio (2004) e Quello che resta (2005), tutti pubblicati da Tea, Milano.
[7] H. Fielding, Il diario di Bridget Jones, Rizzoli, Milano, 2013.
[8] H. Fielding, Che pasticcio Bridget Jones, Rizzoli, Milano, 2016.
[9] In caso non vogliate perdervi la scena la trovate sul canale dei BBC Studios come The Lake Scene: https://bit.ly/3F0mbP1.
[10] Ulteriore esempio è il fandom dei Miserabili di Victor Hugo, che tuttavia ha avuto un suo sviluppo a seguito del musical del 2012 di Tom Hooper.
[12] Qui le pubblicazioni JASIT https://www.jasit.it/pubblicazioni/.
[14] M. Fisher, Realismo capitalista, Not – Produzioni Nero, Roma, 2018.