Modernità ed entropia
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In un noto passaggio del Capitale Marx riporta una citazione della Politica aristotelica nel quale l’economia viene descritta come tecnica che gestisce l’allocazione delle risorse domestiche, il commercio al dettaglio e gli scambi monetari. Il filosofo distingue le tipologie di scambi che possono intercorrere fra gli uomini: quegli economici hanno un fine esterno, servono a riequilibrare le differenze di dotazione esistenti in natura, quelli crematistici invece hanno un fine in sé, perché non tendono al riequilibro ma all’accumulazione indefinita di merci e denaro.
In realtà di tutto di può fare uno scambio: esso trae la prima origine da un fatto naturale, che cioè gli uomini hanno di alcune cose più del necessario, di altre meno (per cui è anche chiaro che il piccolo commercio non fa parte per natura della crematistica, che allora avrebbero dovuto fare lo scambio in rapporto a quanto ad essi bastava) […] la crematistica e la ricchezza naturale sono diverse perché l’una rientra nell’amministrazione della casa, e l’altra nel commercio e produce ricchezza, ma non comunque, bensì mediante lo scambio di beni: ed è questa che, come sembra, ha a che fare col denaro perché il denaro è principio e fine dello scambio. Ora, questa ricchezza non ha limiti e, invero, come la medicina è senza limiti nel guarire, e le singole arti sono senza limiti nel produrre il loro fine (perché è proprio questo che voglio raggiungere soprattutto) mentre non sono senza limiti riguardo ai mezzi per raggiungerlo (perché il fine costituisce per tutte il limite), allo stesso modo questa forma di crematistica non ha limiti rispetto al fine e il fine è precisamente la ricchezza di tal genere e l’acquisto di beni.
Il passo s’iscrive all’altezza della trasformazione del denaro in capitale, ovvero nella giuntura fra forma immediata della circolazione delle merci (M – D – M) e formazione del capitale (D – M – D’). In questo paragrafo Marx paragona la crematistica aristotelica alla spinta auto-valorizzatrice del Capitale, facendo uso di una concezione a somma zero degli scambi economici.
La circolazione semplice delle merci — la vendita per la compera — serve di mezzo per un fine ultimo che sta fuori della sfera della circolazione, cioè per l’appropriazione di valori d’uso, per la soddisfazione di bisogni. Invece, la circolazione del denaro come capitale è fine a sé stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto entro tale movimento sempre rinnovato. Quindi il movimento del capitale è senza misura […]. Il valore trapassa costantemente da una forma all’altra, senza perdersi in questo movimento, e si trasforma così in un soggetto automatico. Se si fissano le forme fenomeniche particolari assunte alternativamente nel ciclo della sua vita dal valore valorizzantesi, si hanno le dichiarazioni: capitale è denaro, capitale è merce. Ma di fatto qui il valore diventa soggetto di un processo nel quale esso, nell’assumere forma di denaro e forma di merce, passando continuamente dall’una all’altra, altera anche la propria grandezza e, in qualità di plusvalore, si stacca da sé stesso in quanto valore iniziale: valorizza sé stesso. Perché il movimento durante il quale esso aggiunge plusvalore è il movimento suo proprio, il suo valorizzarsi, quindi la sua autovalorizzazione. Per il fatto d’esser valore, ha ricevuto la proprietà occulta di partorir valore. Scarica figli vivi o, per lo meno, depone uova d’oro.
Per esprimere la stessa spiegazione con un’immagine simbolica, che Marx in Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica riprende da Sismondi, si può rappresentare la differenza fra scambio equo e scambio diseguale attraverso le rappresentazioni geometriche del cerchio e della spirale. Nel primo caso una certa quantità di merce passa di mano in mano, senza tuttavia essere ampliata o ridotta nel processo; nel secondo caso una certa quantità di denaro, entrando nello scambio, si accresce.
Nella circolazione il valore di scambio si presenta in una duplice maniera: una volta come merce, un’altra come denaro. Quando è in una delle determinazioni, non è nell’altra. Ciò vale per ogni merce particolare. Ma la totalità della circolazione, considerata in sé, consiste in questo: che il medesimo valore di scambio, il valore di scambio in quanto soggetto, si pone una volta come merce, un’altra come denaro, ed è appunto il movimento del porsi in questa duplice determinazione e del mantenersi in ciascuna di esse come contrario dell’altra, cioè nella merce, come denaro, e nel denaro, come merce. Questa situazione, che pure in sé è presente nella circolazione semplice, non è tuttavia posta nella circolazione stessa. Il valore di scambio posto come unità di merce e di denaro è il capitale, e questo stesso porre si presenta come circolazione del capitale (la quale è però una spirale, una curva che si estende, e non un semplice circolo).
L’enigmatica quantità eccendente (plusvalore, pluslavoro, capitale) non pone solamente interrogativo di tipo economico, ma deve essere inserita nel cambiamento tecnologico ed epistemico che caratterizzò la modernità europea e la rivoluzione industriale. L’opposizione fra crematistica ed economia, giochi a somma zero e giochi non a somma zero, scambio semplice e accumulazione di capitale è leggibile nella partizione etnografica e cibernetica fra società fredde e società calde proposta da Claude Lévi-Strauss nelle sue conversazioni con George Charbonnier in Primitivi e civilizzati:
le società che chiamiamo primitive possono essere considerate come sistemi senza entropia o a scarsa entropia, che funzionano a temperatura zero assoluto (non parlo della temperatura fisica ma di quella “storica”; prima le avevamo definite società senza storia): di conseguenza manifestano in massimo grado fenomeni di ordine meccanico che prevalgono sui fenomeni termodinamici. Può sembrare stupefacente, ma le regole della parentela e del matrimonio, gli scambi economici, i riti, i miti e altri avvenimenti del genere, campo ideale per lo studio degli etnologi, possono spesso essere concepiti sul modello di piccoli meccanismi che funzionano in modo regolare e compiono determinati cicli, poiché la macchina passa successivamente attraverso parecchi stadi prima di ritornare al punto di partenza per poi ricominciare il suo percorso. Le società con una storia, come la nostra, hanno invece una temperatura maggiore o, per meglio dire, esiste fra le temperature interne del sistema una differenza maggiore dovuta alle differenziazioni sociali.
Per quanto inadeguata ed eurocentrica la prospettiva di Lévi-Strauss possa apparire oggi, nondimeno le sue considerazioni possiedono un valore esplicativo ancora utile. Resta da comprendere in che modo il concetto di eccendente assuma significati diversi a seconda del contesto storico, etnografico, economico ed epistemologico al quale facciamo riferimento. Per approfondire questa nozione ci serviremo di un pacchetto di voci tratte dall’Enciclopedia Einaudi, un compendio di strutturalismo, marxismo, psicanalisi, semiotica, cibernetica e teoria dei sistemi pubblicato dalla casa editrice tornese fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80.
Innanzitutto, bisogna ramificare la nozione di eccedente: non vi sono solo le caratterizzazioni marxiste di plusvalore, pluslavoro, capitale e accumulazione originaria, ci sono anche l’eccendente biologico, neolitico, agricolo, nel cosiddetto “modo di produzione asiatico”, nel feudalesimo, nell’utilizzo dei combustibili fossili, eccetera.
Se ci si pone dal punto di vista dell’origine e natura dell’eccedente, non ci può sottrarre infatti dal collocare l’uomo all’interno di un ecosistema naturale. È a tutti noto che in tale situazione si effettuano scambi di energia tra le parti componenti; l’insieme può riprodursi in maniera quasi costante solo alla condizione che le variabili fondamentali (suolo, clima, popolazioni animali e vegetali) rimangano stabili quanto a sistema di relazioni […] un eccesso di popolazione animale o vegetale comporta, ad esempio, quasi sempre delle alterazioni e quindi la rottura di un equilibrio tra i flussi di energia […] a partire dalla natura e soprattutto a livelli locali si manifestano delle eccedenze sotto varie forme, che sono alla base del mutamento (Giuseppe Papagno,Eccedente).
La specie homo sapiens, come qualsiasi altro organismo, è spinta dalla necessità di sopravvivere e riprodursi. Mettendo a confronto i comportamenti economici delle società di caccia e raccolta con quelli degli organismi altamente sociali, possiamo trovare un comune denominatore non tanto nell’eccendente, quanto nell’accumulazione di beni in vista del futuro e nel calcolo ridistributivo. Tecniche sociali come il dono descritto da Marcel Mauss, o la pastorizia, richiedono un calcolo più complesso, perché la stratificazione geografica, culturale, e sociale si aggiunge, livello su livello, su un sostrato naturale originario. In questa spiegazione così marcatamente strutturalista, il punto di rottura fra natura e cultura non può che coincidere con lo sviluppo del pensiero simbolico, cui consegue l’istituzione di valori artificiali (rituali, semiotici, tecnici) che si discostano dalla base biologica.
Restando sul piano dell’antropologia strutturalista, è facile constatare come il modello di Lévi-Strauss predetermini il discorso sull’origine dell’eccedente. Affermare che le società studiate dagli etnografi manifestino un’omologia strutturale con i gruppi di trasformazione della teoria algebrica, i giochi a somma zero della teoria economica, le macchine a stati finiti della teoria computazionale e con le trasformazioni reversibili della termodinamica significa concepire l’antropologia come uno studio combinatorio e crittografico delle permutazioni fra elementi invarianti.
Le metafore matematiche e fisiche [hanno un ruolo egemone] nei testi di Lévi-Strauss: esse esprimono idee fondamentali sulle società umane. È necessario che queste metafore provengano dalla fisica e dalla matematica, perché implicano la continuità dell’ordine umano con quello naturale. [Nel corpus lévi-straussiano troviamo] due metafore fondamentali: una basata sull’idea dei gruppi di trasformazione, la cui essenza è l’esistenza della simmetria, e l’altra basata sull’idea della macchina, la cui essenza è la nozione di irreversibilità (Mauro Barbosa De Almeida, Symmetry and Entropy).
In questa configurazione concettuale interdisciplinare il polo dell’eccendente viene assimilato a una degenerazione asimmetrica, imprevedibile e non reversibile della perfezione ciclica e omeostatica delle “società senza storia”. Lévi-Strauss riprende la distinzione fra meccanica newtoniana e termodinamica dalla cibernetica di Norbert Wiener, associando questo dualismo a una serie di polarità interconnesse: simmetria/asimmetria, atemporale/temporale, conservazione/entropia, reversibile/irreversibile, discreto/continuo, locale/globale, vita/morte. I tre campi principali delle ricerche dell’antropologo svizzero (parentela, tassonomia, mitologia) sono associati a tre tipi di strutture matematiche elementari (algebriche, d’ordine, topologiche).
Le strutture algebriche specificano come un oggetto si trasforma in un altro, le strutture d’ordine mostrano come un oggetto si lega a un altro, mentre le strutture topologiche ci dicono quali oggetti sono vicini ad altri (Mauro Barbosa De Almeida, Symmetry and Entropy).
Lo studio dei sistemi di parentela rivela l’esistenza di meccanismi simmetrici e combinatori. Un oggetto geometrico, ad esempio una figura piana, è analizzabile in termini di simmetria se si estraggono delle proprietà invarianti che restano inalterate a seguito di vari tipi di trasformazione, come ad esempio rotazione, riflessione, variazione di scala, eccetera. Queste proprietà permettono di definire il rapporto fra l’antropologia e le società studiate nonché le relazioni fra queste. In ultima analisi, così come non esistono identità matematiche che non dipendono da gruppi di trasformazione, allo stesso modo non esistono identità “etniche”, ma proprietà invarianti che caratterizzano il funzionamento universale della mente umana. È a partire da questi presupposti epistemologici che Lévi-Strauss elabora un argomentazione antirazzista e anticoloniale:
Tutte le società sono uguali se il modello di ciascuna è semplicemente una trasformazione dei modelli di tutte le altre e può essere invertito. La nozione di progresso, come quella di movimento, non è assoluta. Quando viaggiamo su un treno il nostro senso del movimento dipende dal riferimento alla scelta di un sistema di coordinate (Mauro Barbosa De Almeida,Symmetry and Entropy).
In altre parole, rispetto alle relazioni di parentela e di scambio, ovvero rispetto alla matematica dei gruppi di trasformazione, il piano sul quale si muovono le differenze culturali è omogeneo, combinatorio, e senza storia. Tuttavia, non è vero che queste strutture di parentela, scambio, tassonomia e mitologia siano storicamente invarianti. Esse sono invece condannate a un lento e inesorabile decadimento, dovuto al fatto che, per preservare la loro perfezione cristallina e combinatoria, devono investire una quantità di lavoro che, nel corso del tempo, genera disordine, entropia e dispersione.
La termodinamica nasce con lo studio dell’efficienza delle macchine, e la sua legge più famosa afferma che non può esistere un moto perpetuo delle macchine. È quindi naturale che la termodinamica innervi un libro intitolatoTristes Tropiques. Un sistema chiuso è soggetto a un’entropia sempre crescente; in altre parole, la sua struttura si degrada. Ma l’universo di cui fanno parte la vita e il pensiero è un sistema chiuso. Anche il mondo culturale moderno è diventato chiuso, un villaggio globale senza frontiere esterne. La vita, i miti, le classificazioni, i sistemi matrimoniali, la pittura, la musica perdono la loro struttura […]. L’entropia dà al tempo una direzione precisa: il tempo scorre verso la perdita della struttura, dell’informazione e della bellezza. Le trasformazioni delle mitologie e dei sistemi di parentela hanno una freccia temporale: hanno cicli di vita, storie. Si passa dalla matematica leibniziana alla fisica dell’era industriale […] La ragione [di questo declino] è che le trasformazioni dello spirito umano sono radicate nella materia e sono quindi soggette alle leggi che governano le macchine reali (Mauro Barbosa De Almeida, Symmetry and Entropy).
Nel modello di Lévi-Strauss la direzione che assume la freccia del tempo acquisisce inevitabilmente una connotazione catastrofica: l’aumento dell’entropia coincide con il progressivo deterioramento dell’intelaiatura simbolica delle società umane. Da un certo punto di vista, la tesi dell’antropologo svizzero è controintuitiva: percorrendo all’inverso il fiume della storia non vediamo un unico grande bacino nel quale confluiscono migliaia di affluenti, il bacino essendo la tarda modernità, o il fenomeno della globalizzazione. Piuttosto, le peculiarità che segnano la differenza fra un collettivo e l’altro si ramificano originariamente a partire da un unico centro, l’africa subsahariana, circa duecentomila anni fa. Si tratta quindi di comprendere come Lévi-Strauss si concentri su un unico oggetto di studio – la diversità delle manifestazioni culturali della specie homo – ed elabori la sua interpretazione termodinamica in un contesto contemporaneo. Si tratta del punto di vista dell’etnologo che, nella prima metà del ‘900, si trova a contatto con popolazioni la cui sopravvivenza materiale e simbolica è minacciata dal colonialismo occidentale. La forma stessa della monografia etnografica è emblema di questo posizionamento ideologico. Essa è infatti un lavoro di decriptazione ontologica dotata di una particolare precisione matematica nella sua versione strutturalista. Dal punto di vista di Lévi-Strauss la monografia non serve a cingere la radicale alterità di un collettivo in modo da svelare al lettore l’arcana struttura di lingue, riti, tecniche e miti dal carattere inconsueto. Il suo progetto, invece, muove dall’ipotesi che vi sia una sostanziale continuità fra sostrato matematico, fisico, biologico, cognitivo e culturale. Il comparativismo dell’invenzione antropologica ha come compito l’elaborazione di una meta-struttura relazionale e combinatoria – la mappa totale delle modalità attualizzate e virtuali del rapporto fra la nostra specie e l’ambiente; e rientra chiaramente in questo progetto l’elaborazione di modelli morfologici, come ad esempio l’atomo delle strutture di parentela, o la forma universale di un racconto mitologico. Omologando le differenze culturali e distruggendo la biodiversità, il mondo “contemporaneo” nega l’esistenza a quelle possibilità non ancora emerse, che tuttavia fanno parte della combinatoria sincronica e strutturale tracciata dall’antropologo.
Nel suo articolo sui modelli matematici e termodinamici impiegati da Lévi-Strauss, Mauro Barbosa De Almeida riprende il Gedankenexperiment del noto fisico scozzese James Clerk Maxwell.
Supponiamo che il contenitore [di un] gas sia diviso in due da un diaframma. Il gas nella sezione A è più caldo di quello nella sezione B, cioè le molecole in A si muovono più rapidamente, con maggiore energia. Una volta che si elimina il divisorio, le molecole cominciano a mescolarsi; quelle veloci collidono con quelle lente; viene scambiata energia; e dopo un po’ di tempo il gas raggiunge una temperatura uniforme […]. Immaginate, ipotizzava [Maxwell] “un essere finito” che guarda attraverso un minuscolo foro nel diaframma che divide il contenitore del gas. Questa creatura può vedere le molecole che arrivano, può stabilire se sono veloci o lente, e può scegliere se lasciarle passare o meno. In questo modo può modificare le probabilità. Separando le molecole calde da quelle fredde, può fare in modo che la sezione A diventi più calda e la B più fredda, “e tuttavia non è stato compiuto alcun lavoro, è stata utilizzata solo l’intelligenza di un essere con grandi capacità osservative e dita abili”. Questo essere sconfigge le probabilità ordinarie. Le probabilità sono a favore del fatto che le cose si mescolino fra loro; per separarle è necessaria informazione (James Gleick, L’Informazione)
L’esperimento mentale di Barbosa De Almeida è una modificazione di quello di Maxwell. In luogo del particelle del gas ci sono individui, mentre il contenitore viene suddiviso in due parti (X e Y). Queste possono ricoprire vari significati: esse rappresentano azioni, miti, interdizioni, caste, tassonomie, legami di parentela, proprietà fisiche, gruppi totemici, eccetera. In altre parole, X e Y sono caselle vuote entro la quale sono collocati degli elementi oppositivi e combinatori. In uno stato iniziale di perfetta simmetria dentro il contenitore X ci sono gli elementi [a, b, c, d] e nel contenitore Y [ ], nulla – o, precisamente, quel vuoto strutturale che è segno di una categoria discreta. L’unica trasformazione concessa è l’inversione, ovvero lo spostamento completo di tutti gli elementi di X in Y, creando una nuova configurazione simmetrica: [ ]; [a, b, c, d]. Le configurazioni intermedie, come ad esempio [c, a]; [d, b] sono narcotizzate in una società fredda.
Nel lessico della statistica termodinamica, si definisce microstato la configurazione assunta dagli elementi di un sistema chiuso (in questo caso composto dai due contenitori X e Y. Il macrostato, invece, è rappresentato dall’insieme delle configurazioni possibili. In questo modello il numero complessivo degli stati possibili è 16, e ad ogni macrostato corrisponde una probabilità (I= 12,5%; II, IV= 25%; III= 37,5%). A questo punto possiamo fare alcune osservazioni:
- la barriera fra X e Y, nel primo macrostato, è chiusa e consente solamente di invertire simmetricamente la configurazione;
- lo stato meno entropico è anche il più improbabile;
- esiste una legge fisica – il secondo principio della termodinamica – la quale asserisce che la freccia del tempo si muove in direzione di un incremento della complessità e del disordine;
- il mantenimento dell’ordine e della simmetria richiedono un lavoro, quello compiuto dall’essere finito (il diavoletto) dell’esperimento mentale di Maxwell;
- nell’analogia fra sistemi termodinamici e strutture sociali ipotizzata da Lévi-Strauss, il diavolo rappresenta la forza coesiva e coercitiva di vincoli, classi, riti, eccetera.
Il diavoletto di Maxwell è una macchina che annulla il tempo nell’unica forma in cui la sua direzione è riconoscibile: l’aumento del disordine, o entropia. Possiamo immaginare che il demone di Maxwell assuma la forma di un insieme di meccanismi: repressione, coscienza collettiva, tradizione, voto, costituzioni, regole, tabù, preferenze, mappe, stili e cosmologie; una macchina antientropica restringe l’universo dei mondi possibili, introducendo vincoli [alla circolazione] degli oggetti [e degli individui] (Mauro Barbosa De Almeida, Symmetry and Entropy).
Vi è una relazione fra la computazione combinatoria che abbiamo trattato nel capitolo 11 e le leggi fisiche che descrivono la termodinamica (Lawrence). La formula per calcolare il numero delle configurazioni di un microstato è infatti il coefficiente binomiale, che spiega quanti modi ci sono di combinare un numero k di elementi, dato un insieme n.
Per calcolare il numero di tutti i possibili microstati (, dati 4 elementi e 2 contenitori) si utilizza un’altra nozione combinatoria, ovvero l’insieme delle parti (Tiles). Sapendo quindi il numero di microstati contenuti in un macrostato (coefficiente binomiale) e numero totale di microstati (insieme delle parti), è sufficiente vedere che proporzione sussiste fra i due (coefficiente binomiale/insieme delle parti) per trovare la probabilità di ogni macrostato, e individuare quello più probabile. L’insieme delle parti non ci dice nulla sulla probabilità delle configurazioni, ma specifica formalmente in quanti modi si possono disporre gli elementi di un dato insieme. Nel lessico della matematica combinatoria l’insieme delle parti è un caso particolare di disposizione con ripetizione. Per capire la differenza fra le disposizioni con ripetizione e quelle senza ripetizione, basta considerare che entrambe le operazioni sono algoritmi. Il primo procede moltiplicando il numero delle classi (in questo caso X e Y) per il numero degli elementi 2 x 2 x 2 x 2 =16, il secondo toglie un elemento ogni volta che l’operazione si reitera 4 x 3 x 2 x 1 = 24.