Il luogo delle corna
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Quando mi focalizzo sulla progettazione di una camera da letto per una coppia, la prima cosa alla quale penso è sempre ciò che potrebbe accadere al di fuori del loro rapporto. Agli sposini vorrei subito mettere le cose in chiaro: create delle vie di fuga per la vostra camera. L’armadio non è abbastanza, progettiamo una cabina armadio con un nascondiglio per l’amante. Oppure bisogna posizionare scientificamente il nido dell’amore in prossimità delle scale antincendio. L’amante non può sempre scappare in modo rocambolesco aggrappandosi a qualche cornicione o ad un’unità esterna del condizionatore, bisogna concedergli un minimo di sicurezza. Purtroppo, le scale antincendio le troviamo solo in qualche cult hollywoodiano, spesso oggetti nascosti tra i fumi di una New York intasata, mentre nella quotidianità dei paesaggi urbani italiani sono molto rare da incontrare. Il tradimento invece è comunissimo, si potrebbe dire che è il vero collante per un ottimo matrimonio. E, allora, cosa consigliare al cliente? Personalmente, gli direi: «Caro, crea una via di fuga efficace, lo dico prima di tutto per il bene della tua famiglia»; o, in alternativa, come disse il Professor Sassaroli in Amici Miei: «Non si deve mai andare in Germania, Paolo». Vorrei che i miei clienti fossero tutti, come li descriveva Charles Fourier, dei cornuti ottimisti: «Cornuto ottimista è colui che vede tutto roseo, trova divertenti le tresche della moglie, beve alla salute dei cornuti e riesce a rallegrarsi là dove gli altri si strappano i capelli a manciate: non è forse questo il cornuto più saggio?».
Una camera da letto di tutto rispetto ha un ingresso e un’uscita separati. Quale sia l’ingresso e quale l’uscita non ci interessa, possono esserlo alternatamente entrambi, l’importante è che l’amante abbia il tempo di scappare mentre il marito è intento a bussare insistentemente alla porta. Un sistema di doppio corridoio dovrebbe collegarsi al nido dell’amore, in questo caso un nido inteso in senso abbastanza aperto.
Sarebbe senza alcun dubbio complicato, per noi architetti, dover spiegare cosa ci sta spingendo a creare una via di fuga per la camera da letto, ma anche saper sedurre è parte della progettazione. Ciò che meglio riesce a convincere una persona è la tendenza del momento (il fashionismo), quindi bisognerebbe spacciare la necessità di una fuga come una soluzione innovativa che è presente in tutte le case delle star del globo. Qualsiasi architetto, almeno quello retoricamente abile, riesce a rifilare come minimo una supercàzzola in un progetto, e questa della camera da letto è senza alcun dubbio una delle carte da giocarsi. E per di più è una supercàzzola a fin di bene, perché realmente andrebbe a migliorare la stabilità complessiva del rapporto.
La camera da letto, nel mondo occidentale, si rifà alla cultura cristiana che è portavoce del pudore e dell’intimità; i nostri sono ambienti serrati, nei quali non si vede nulla di ciò che si fa a letto né dall’esterno e né dagli altri ambienti della casa. Questa rigida suddivisione della casa non è ad esempio contemplata nella cultura zen, in cui lo spazio è il medium universale attraverso il quale la vita è in costante trasformazione. Nella cultura occidentale la camera si trasforma in un’arma a doppio taglio, siccome ci ripara dagli sguardi indiscreti sia quando siamo nel bel mezzo di un’intimità ufficiale, sia quando è ufficiosa. L’architetto non dovrebbe rendere confortevole solo ciò che avviene sotto la luce del sole, ma sarebbe interessante se iniziasse ad occuparsi anche di ciò che prova a nascondersi nelle zone grigie e nei mondi paralleli delle nostre vite. Il letto è imprevedibile per sua stessa natura, non sai mai con chi ti ritrovi, in quanti siete, come comportarti in alcune circostanze, ma soprattutto come agire davanti ad un pericolo imminente.
A metà degli anni Settanta, precisamente nel 1975, l’architetto Antti Lovag progettava Le Palais Bulles nel tipico paesaggio della Costa Azzurra. Questa architettura potrebbe rappresentare una salvezza per l’amante, e questo lo spiega bene, seppur non volendo, Anna Gili su Domus: «Le Palais Bulles è una curiosa e sensuale struttura tutta tonda, simile ad una forma gassosa dalla cui evaporazione si formano bolle ambientali». Il cerchio, a causa dell’assenza di spigoli, non regala alcun nascondiglio, quindi, a differenza delle altre geometrie, l’amante potrebbe essere stanato da ogni angolazione, ma allo stesso tempo permette una fuga più agile e offre maggiori opportunità di apertura degli spazi. I fitti collegamenti tra le bolle consentono una successione indefinita di uscite e ingressi, in questo modo chiunque può passare da una stanza all’altra, fino a gettarsi nella splendida piscina esterna, senza che nessuno se ne accorga.
Cardin era il proprietario de Le Palais Bulles, ma allo stesso tempo possedeva le rovine di un castello a Lacoste che in passato fu abitato dal Marchese de Sade. Sarebbe sicuramente interessante scoprire che Cardin, tra una festa e l’altra organizzate tra Lacoste e Théoule-sur-Mer (dove fu costruita la sua dimora), si trovò a essere involontariamente il promotore di situazioni durante le quali si consumavano diversi tradimenti. E per assurdo, ognuno di questi eventi fu organizzato in memoria di De Sade, che era un architetto-scrittore e progettava gli spazi attraverso il linguaggio, ovvero il suo disegno prendeva corpo tramite la teatralizzazione del piacere e del dolore. Tutto sembrerebbe suggerire che sulla Costa Azzurra, tra l’allegria generale, la presenza dei cornuti ottimisti fosse in larga maggioranza. Sebbene una ricostruzione verosimile resti relegata alla sfera dell’immaginazione di un reale diverso dalla sua noiosa esistenza, una visione sadiana della camera per il cornuto aiuterebbe di certo un architetto a risolvere molti dubbi.
Il ventenne Ben, protagonista de Il Laureato, sa bene cosa significa la percezione claustrofobica di uno spazio durante un pericolo imminente. La speranza di una via di fuga è visibile in ogni goccia del sudore del giovane, nella scena dove viene rinchiuso dalla signora Robinson nella camera da letto della figlia Elaine, mentre al piano di sotto arriva il signor Robinson, il marito, appena tornato a casa. L’intero film è una successione di camere da letto dove si consuma ogni tipo di rapporto: alberghi, camere matrimoniali e auto (anche l’auto può essere una camera da letto). Il neolaureato passa da una storia di solo sesso con la signora Robinson a una storia d’amore con Elaine, l’unica figlia della famiglia Robinson. La camera da letto è parte della narrazione filmica, allo stesso modo in cui l’architettura è narrazione spaziale all’interno delle nostre relazioni. In questo caso però il signor Robinson non si ferma solo ad incarnare la figura del cornuto, perché il destino, quasi del tutto insoddisfatto, lo trasforma anche nel padre che prova a proteggere sua figlia dall’amante della moglie. Questo è un caso emblematico, perché lo spettro dell’amante vagherà per sempre in ogni camera da letto della casa del cornuto.
La narrazione incentrata sul cornuto, escludendo quasi del tutto la cornuta, ha più di una motivazione. La prima riguarda, come direbbe Diana Agrest, la volontà della progettazione architettonica di sostituire quasi del tutto il corpo femminile. Per diversi decenni, la teoria dell’architettura ha preso come riferimento spaziale il corpo maschile, quella che si chiama architettura a misura d’uomo. E quindi, per la legge del contrappasso, se in passato l’uomo è stato il protagonista indiscusso dal punto di vista descrittivo, oggi bisogna consegnargli anche questo scettro per la rappresentazione di un ruolo che gli risulta estremamente adatto. L’altra motivazione è di tipo stilistico, perché durante la scoperta delle corna l’uomo tende ad essere più reattivo, si dimena nello spazio, affronta l’accaduto con maggiore fisicità e si lascia rapire da tutte le fragilità che prova a mascherare. Se Le Corbusier fosse ancora oggi vivo, mi permetterei di inviargli una umilissima email: «Gentile Charles-Édouard Jeanneret-Gris, i tempi sono ormai cambiati e al suo uomo di un metro e ottantatré del modulor bisognerebbe aggiungere delle corna: un’architettura a misura di cornuto».