Is chiptune dead?
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La chiptune è morta?
Forse.
Molti amici nella scena chiptune mi stanno chiedendo cosa penso dell’attuale dibattito sull’inclusività nella scena chip. Vorrei essere chiaro fin da subito: sostengo questa battaglia e penso che tutti potremmo e dovemmo fare di più.
Ma c’è dell’altro.
Alcune recenti discussioni hanno scatenato scontri piuttosto duri, perché siamo fottutamente innamorati della chiptune e ci sentiamo tutti parecchio coinvolti al riguardo. Questa non è una sorpresa. Lo scontro è salutare.
Ciò che mi preoccupa è però il campo di battaglia. Per cosa stiamo combattendo, esattamente?
Adoro i concerti chiptune, ma ammettiamolo: anche gli eventi più grandi non attirano folle enormi, e questa è una tendenza che va avanti da anni. Ho suonato in diversi chip-show in cui il 90% del pubblico era composto da altri artisti e da fan che sono comunque attivi nella scena. Sono sempre le stesse persone.
D’altra parte, gli artisti chip più famosi e affermati che conosco hanno trovato i loro più importanti successi fuori dalla scena della chiptune. Hanno suonato in rave, concerti techno, punk o festival in cui erano gli unici a usare una chip gear.
Credo che il loro successo sia dovuto al fatto che facessero della buona musica e dal non lasciarsi definire e limitare dai loro strumenti. I Game Boy e i C64 sono fantastici, certo, ma chi va a un concerto vuole semplicemente ascoltare musica.
Se lasci che sia il tuo Game Boy a definirti, questo diventa un manierismo come un altro.
Ecco perché non ho mai amato la parola “chiptune”, anche se è tecnicalmente corretta. Quando iniziai a suonare, questo genere musicale veniva chiamato MICROMUSIC. Un approccio più aperto, con maggiore diversità artistica e artisti con i più diversi background: chiptune, circuit bending, videoart.
Ho incontrato persone incredibilmente talentuose e la scena aveva un’atmosfera artigianale, underground, collaborativa.
Quando 8BC (8-bit collective, sito di condivisione di pezzi micromusic ormai defunto NDR) chiuse, emerse ChipTunes = Win. Fu una strana sorpresa per me, perché rappresentava un approccio davvero diverso.
In Europa (o almeno, in Italia), abbiamo organizzato feste clandestine in spazi occupati con la collaborazione di diverse realtà Micromusic. A volte il suono era così “techno” che le persone non notavano neppure che fosse musica fatta con i Game Boy.
Il marchio ChipWin, invece, ha abbracciato una metodologia che molti di noi avevano cercato di evitare. Infatti, ChipWin ha usato una comunicazione molto legata ai meme e alla cultura otaku e gamer, mentre al contrario noi abbiamo sempre evitato intenzionalmente ogni tipo di riferimento ai videogiochi per non diluire il nostro messaggio con la nozione che il tutto fosse nient’altro una costola della cultura nerd.
Sembrava un movimento diverso, con obiettivi e valori diversi.
Abbiamo continuato a esistere in una bolla diversa, cercando di estendere la portata del nostro lavoro al di fuori della scena. Credevamo (e crediamo!) molto in quella musica e volevamo che questa raggiungesse luoghi dove nessun vecchio microcomputer sia mai stato visto prima.
Ciò ha dato vita a una famiglia molto stretta di amici con cui cercavano di far nascere cose interessanti.
Lungo la strada abbiamo sviluppato un chiaro problema di diversità, perdendo troppo dell’eccellente rappresentanza femminile e LGBT che avevamo all’inizio. Molti tra noi hanno delle responsabilità. Di questo ne sono dannatamente sicuro. Ero troppo giovane al tempo e non pensavo ancora a questo tipo di cose. Ci è voluto del tempo per capire quali fossero i miei privilegi, e con la sensibilità che ho oggi avrei fatto alcune cose in modo diverso. Di questo, mi dispiace davvero molto.
Tuttavia, la bolla in cui ho vissuto, esistente in una dimensione parallela a quella di Chipwin, ha organizzato spettacoli in spazi occupati e in luoghi punk, sposando una politica di tolleranza zero nei confronti di abusi e molestie.
Non essendo attivo su Chipwin, mi mancavano molti elementi. Molti dei loro membri sono fantastici, ne sono sicuro, ma alcuni sono davvero terribili. Negli ultimi thread ho visto schermate di messaggi orribili e odiosi. Ho anche visto alcune scelte di moderazione con cui non mi sento a mio agio.
Non mi sognerei mai di liquidare le brutte esperienze che molti artisti hanno avuto su Chipwin. Cazzo, non è compito mio farlo. E voglio essere chiaro: anche se non ho mai assistito a scene disdicevoli nella MIA bolla, ciò non significa che non sia potuto accadere. Tuttavia, stessa politica: tolleranza zero. Sarò sempre contro gli abusi.
Tuttavia, ritengo giusto spiegare perché in così tanti tra noi sono rimasti sorpresi nello scoprire alcuni eventi e perché alcuni tra noi hanno avuto la reazione istintiva di difendere la scena.
Avremmo potuto fare molto di più per preservare e incoraggiare la diversità, ma non abbiamo fatto nulla di concreto se non provare disgusto per abusi e molestie. Ecco perché questo è un argomento così difficile e delicato da affrontare.
È come se ci fossero due scene, la chiptune e la micromusic, con diversi punti di contatto, alcuni problemi comuni, ma un pubblico/target che è, in definitiva, diverso. Questo crea confusione e complica ulteriormente la comunicazione.
Ecco perché, in definitiva, odio la parola “chiptune”.
La chiptune è morta? Non lo so, ma è come se lo fosse per me.
E va bene così.
A volte vedo che l’hardware assume una parte così centrale di quello che viene chiamato ChipTune che la cosa arriva a diventare quasi un vincolo creativo. Adoro il ChipTune “classico”, ma i manierismi alla lunga stancano. Credo anche che riduca la portata della musica a un gruppo ristretto di fan.
Lo spirito primordiale della Micromusic puntava a cercare di esplorare e superare i limiti dell’hardware per cercare metodi creativi per superarli. Quest’idea era così potente che ci ha permesso di socializzare con altre scene, entrando con la nostra musica in altri spettacoli più “canonici”, incoraggiando gente di talento da diversi ambienti a entrare nel mondo della Micromusic.
Questo era un meraviglioso generatore di diversità e credo che abbiamo bisogno di restaurarne lo spirito.
Le mie line-up sono state spesso parte del problema. Ancora oggi sto conducendo una serie di show sul mio canale Twitch che non è neppure lontanamente vario come vorrei. Sto lavorando dietro le quinte per trovare un modo per fare di meglio. Vorrei organizzare delle line-up con maggiore diversità al loro interno, ma non vorrei trovarmi nella condizione di invitare gente solo perché sono coinvolti nella scena chiptune.
Vorrei davvero che le line-up degli eventi che creo contenessero più diversità, sia in termini di genere che di background. Vorrei vedere gente che usa i Game Boy nelle stesse line-up in cui suonano gruppi punk, C64 usati in party notturni, Atari ST sullo stesso palco con dei sintetizzatori 303.
Dobbiamo pensare alla chiptune come a una parte importante dell’undeground elettronico che prospera nella contaminazione.
Credo che la diversità possa diventare una fonte di idee condivise per la creazione di una concezione dell’underground più vasta di quella che abbiamo oggi. In questo modo, l’estrema varietà degli stili ChipTune diventerebbe una risorsa da sfruttare (ironicamente, questo renderebbe più complesso organizzare formazioni coerenti che suonano solo con i chip).
Possiamo arricchire la diversità di altre scene, suonare nei concerti noise, techno, acid, rock, qualunque cosa desideriamo. Cazzo, la micromusic è fantastica e sono sicuro che il mondo è pieno di musicisti che vorrebbero provare a contaminarsi. Penso sinceramente che questo potrebbe essere un modo per avere una scena più vibrante, creativa e diversificata.
Abbiamo già ora un mare di talenti da scoprire che noi, come veterani della scena, abbiamo il dovere di aiutare. I consigli e le possibilità che ho ricevuto dai più anziani è ciò che mi ha fatto rimanere in questa scena e vorrei poter fare lo stesso con quante più persone possibile.
La micromusic è viva e vegeta!